"Baby dove sei?". Quei messaggi del killer alla compagna già uccisa

Freddo e manipolatore: Alessandro Impagnatiello è il killer di Giulia e del loro figlio, che cresceva nel grembo della ragazza e sarebbe nato tra poche settimane

"Baby dove sei?". Quei messaggi del killer alla compagna già uccisa
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Man mano che passano le ore, aumentano i dettagli sconvolgenti sull'omicidio di Giulia Tramontano, uccisa dal fidanzato Alessandro Impagnatiello, ora in carcere. La ragazza, incinta di 7 mesi, è stata uccisa nel tardo pomeriggio di sabato e da quel momento il killer ha iniziato la sua sceneggiata con tutti quelli che lo conoscono. Ha scritto alla mamma, imitando il modo di scrivere di Giulia, ha scritto alla sorella e all'amica. Ha cercato di costruirsi un alibi, ha tentato di instillare il dubbio che la ragazza fosse fuggita all'estero. Il pomeriggio successivo, la domenica, Impagnatiello ha proseguito la sua pantomima, scrivendo anche sul telefono della fidanzata: "Baby dove sei? Ci stiamo preoccupando tutti".

E ancora, il giorno dopo, sempre al telefono di Giulia scriveva: "Dicci solo che sei fuggita in qualche Paese lontano". Ma mentre scriveva questi messaggi, per sua stessa ammissione, teneva il cadavere della fidanzata in casa. "Quando io faccio la denuncia di scomparsa il cadavere di Giulia era nel box", ha detto al pm che lo interrogava. Lunedì, poi, avrebbe spostato, a suo dire, "il corpo dal box alla cantina". Martedì, quindi, "porto la macchina nel box e carico il corpo nel bagagliaio". Ed è qui che sarebbe rimasto fino alla notte successiva, prima di essere gettato in un incavo vicino a dei box nel centro di Senago. Dal verbale delle dichiarazioni emergono dettagli agghiaccianti: "Ho comunque usato la macchina andandoci in giro con il cadavere nel bagagliaio".

È un racconto freddo e distaccato, quello di Impagnatiello, che ha detto di aver gettato il "telefono di Giulia in un tombino", così come il bancomat, mentre il passaporto di lei avrebbe bruciato. Nel verbale della sua confessione si leggono frasi gelide come "non sono riuscito nell'intenzione di ridurre il corpo in cenere". La cenere è un elemento ricorrente nella ricostruzione di questo delitto così efferato, perché una vicina di casa della coppia, che viveva in un piccolo condomino di Senago da alcuni anni, ha riferito agli inquirenti un elemento importante. Domenica 28 maggio, infatti, la donna avrebbe visto "una quantità ingente di cenere provenire dalla porta d'ingresso dell'appartamento", che poi continuava "sulle scale del condominio sino al box".

Negli atti, tra l'altro, numerose sono le incongruenze nella versione raccontata dall'uomo quando la 29enne risultava scomparsa, rispetto alle telecamere di sorveglianza analizzate dagli

investigatori. Immagini che lo riprendono, ad esempio, verso le 7 del mattino di domenica 28 maggio mentre esce di casa con "due involucri" con dentro "materiale compatibile con un mucchio di vestiti".

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