Secondo una recente ndagine su 20mila studenti delle scuole superiori della Lombardia il 20% fuma abitualmente cannabinoidi e il 35% frequenta coetanei che ne fanno uso. La droga viene acquistata nei giardini o anche all’interno degli istituti scolastici. Il Corriere della sera scrive che "il consumo abituale di cannabinoidi a Milano è ai massimi storici tra gli adolescenti - come riferisce Simone Feder della Casa del giovane di Pavia, già giudice onorario del Tribunale per i minorenni - così anche il piccolo spaccio diffuso ma nessuna ricerca riesce a fotografare veramente il fenomeno. Il sommerso che emerge nei colloqui privati con i ragazzi ha dimensioni vaste e sconosciute ai più”.
Cosa è emerso dall'indagine
Da una analisi condotta dall'associazione "Semi di Melo" emerge che su più di 20mila studenti delle scuole secondarie a Milano, Pavia, Varese e Bergamo, un ragazzo su tre ha ammesso che i suoi amici fumano abitualmente, anche a scuola. Il consumo avverrebbe nei cortili, nei bagni, prima o dopo la lezione. In quei luoghi avverrebbe anche lo spaccio. Il 72% dei ragazzi intervistati ha riferito che il fumo viene acquistato ai giardini, il 9% lo compra all’interno del proprio istituto o comunque nelle vicinanze. Questi giovani consumatori sono spesso coinvolti nelle attività collaterali alla vendita, non rendendosi conto che lo spaccio vuol dire anche procurare nuovi clienti ai pusher per avere in cambio la sostanza in regalo. “I piccoli pusher usano le stesse logiche commerciali usate dai Pr per riempire le discoteche: promettono pezzi di fumo in regalo (invece di ingressi gratis) se i ragazzi procurano nuovi clienti. In altri casi il favore è conservare nascosti a casa panetti altrui. Un numero crescente di adolescenti, pur consumando, quindi non spende o persino guadagna piccole somme. Il monitoraggio da parte della famiglia è difficile”, ha spiegato Pietro Farneti dello Smi.
Sottovalutano i rischi
Sempre secondo la stessa ricerca i ragazzi non hanno consapevolezza dei rischi a cui vanno incontro. Il 24% del campione studiato crede che fumare settimanalmente non sia dannoso, il 22% pensa la stessa cosa nei riguardi del consumo di alcol. Il 22% pensa che non crei dipendenza, il 23% per l’alcol. A questo punto è lecito pensare o che ai giovani non arrivino le informazioni, oppure che in ogni caso siano portati a sottovalutarle perché non le reputano veritiere. O anche perché non vedono effetti nel breve periodo. Secondo Feder ai ragazzi che fanno ricorso al fumo per “superare la fatica di fare fatica” e per “stare bene con gli altri” mancherebbero adulti di riferimento, insegnanti e genitori, che li possano guidare. Proprio i professori e la scuola sarebbero considerati in un altro mondo, è infatti solo il 19% degli intervistati a considerarli vicini. Più o meno lo stesso per quanto riguarda mamma e papà.
Domanda elevatissima
I coetanei sono i maggiori interlocutori a cui chiedere aiuti e consigli, o in alcuni casi anche lo psicologo, che risulterebbe presente in almeno 6 casi su dieci. Riccardo Gatti della Asst Santi Paolo e Carlo ha tenuto a sottolineare che “bisogna capire che non è lo spaccio a indurre il consumo: è invece la domanda elevatissima creata dal mercato, a sostenere e alimentare lo spaccio sempre più diffuso e trasversale. A essere sdoganato insieme alla cannabis e all’alcol è il concetto che sia naturale alterarsi o modificare il proprio stato d’animo con le sostanze”. Ci sarebbe anche confusione intorno al marketing usato per vendere la cannabis legale nei pressi delle scuole e nei luoghi che sono maggiormente frequentati dai ragazzi. Gatti ha precisato che “chi promuove cannabis legale porta avanti vendite promozionali e concetti salutistici per incrementare i consumi (“In regalo un grammo”, “canna”, distribuzione 24 ore su 24 “per non aspettare) e i messaggi arrivano anche ai ragazzi che dalla cannabis, legale o illegale che sia, dovrebbero stare lontani”.
Il caso a scuola
Feder ha infine concluso spiegando che il gruppo di amici si influenza e trascina, e che gli adulti, senza i giovani, non riescono a dare una direzione diversa al mercato. Per rendere l’idea del problema basti pensare che in una classe di terza liceo scientifico, in centro a Milano, inizialmente erano stati 28 studenti su 30 a dare la disponibilità a donare il proprio sangue in orario scolastico.
Quando il giorno precedente al prelievo l’insegnante ha spiegato agli alunni che il sangue sarebbe stato sottoposto a esami di laboratorio perché non doveva avere controindicazioni e che per almeno 14 giorni prima del prelievo non si deve fumare cannabis, 25 studenti su 28 si sono ritirati.Segui già la pagina di Milano de ilGiornale.it?
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