Migranti, Medici senza frontiere non ha lasciato il Mediterraneo: in arrivo una (piccola) barca

Restituita la Geo Barents all'armatore, dopo il manifesto politico contro l'Italia Msf è pronto a tornare nel Mediterraneo con una barca più piccola: ecco perché

Migranti, Medici senza frontiere non ha lasciato il Mediterraneo: in arrivo una (piccola) barca
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Con grande risalto da parte dei media, Medici senza frontiere ha annunciato nei giorni scorsi di aver ritirato la nave Geo Barents dal Mediterraneo. La colpa sarebbe delle leggi italiane, troppo restrittive per continuare a operare. Una questione di costi, è stato detto: si è persa la convenienza a operare nel Mediterraneo a causa dell'assegnazione dei porti lontani da parte del governo e dell'imposizione di effettuare un unico intervento prima tornare in porto, senza aspettare di riempire la nave. Com'era prevedibile, anche se in tanti hanno fatto finta di non capirlo, le ragioni dietro questa decisione non sono politiche. Queste sono state usate per coprire le vere motivazioni, che sono prettamente economiche. In primis, la nave non era di proprietà ma Medici senza frontiere paga un noleggio per poterla utilizzare. Tramite il Post ora si scopre che la Geo Barents dovrà essere restituita, entro fine gennaio, al suo armatore. Era una decisione già assunta dalla Ong che la aveva in gestione?

Ma sono anche altre le domande che sorgono davanti alla decisione di Medici senza frontiere. Perché chi pensava che la dismissione della Geo Barents volesse dire non operare più nel Mediterraneo, non ha evidentemente seguito l'evoluzione delle Ong negli ultimi anni. Come rivela lo stesso post, infatti, l'organizzazione non smetterà di essere nel Mediterraneo ma, semplicemente, cambierà barca e ne userà una più agile. Cosa significa questo? Significa che Medici senza frontiere sta utilizzando un banalissimo escamotage per ridurre i costi degli interventi in mare. È la "strategia delle piccole barche", come viene chiamata, in quanto di norma le autorità marittime evitano di assegnare alle imbarcazioni di piccole dimensioni porti distanti. Il che significa che queste barche, se non cambia il decreto Piantedosi, verranno mandate a sbarcare per lo più in Sicilia e a Lampedusa.

Questa strategia viene attuata già da tempo dalle Ong, che preferiscono mettere in mare velieri o motoscafi veloci per fare leva sulle autorità e ottenere i porti che loro desiderano. In questo modo, con solo barche piccole in mare, i porti sicuri che possono essere assegnati si riducono drasticamente, perché rimarrebbero solo l'Italia e Malta, escludendo la Tunisia, il Marocco, l'Algeria e l'Egitto, che sono spesso i Paesi di provenienza degli stessi migranti e dove le Ong si rifiutano di andare per principio.

Nonostante siano tutti Paesi a elevata densità turistica, con migliaia di europei che li hanno scelti come Paesi di residenza. Ormai è pacifico affermare che la missione primaria delle Ong sembra essere politica e non di soccorso e che, anzi, quest'ultimo pare esclusivamente uno strumento.

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