Già cinque giorni prima della morte di Anna Giugliano, arrivata al pronto soccorso dell’Humanitas in condizioni disperate la sera del 19 marzo dell’anno scorso, la struttura ospedaliera era «in possesso delle informazioni sanitarie, che avrebbero imposto un immediato richiamo della paziente». Nuovo colpo di scena nell'inchiesta sulla morte della 28enne, deceduta il 21 marzo 2023, a tredici giorni da un intervento per la riduzione dello stomaco eseguito dallo staff di chirurgia bariatrica della struttura di Rozzano. Il gip Alberto Carboni ha respinto la richiesta di archiviazione della procura e ha ordinato nuove indagini alla pm Valentina Mondovì, anche sulla base degli elementi inseriti nell’opposizione all’archiviazione presentata dalla famiglia della ragazza, assistita dall’avvocato Simone Ciro Giordano.
Sono rilevanti, per il giudice, che ha imposto quindi «ulteriori approfondimenti» agli inquirenti, alcuni elementi che emergono dagli atti: ad esempio che già il 16 marzo vi furono contatti tra la paziente, morta per via di una infezione addominale dovuta a una rottura a livello dei punti di sutura, e l’ospedale. E che, in quell’occasione, lo staff sanitario dell’Humanitas che parlò con Giugliano non le rivolse domande più approfondite sul suo stato di salute, ad esempio se avesse dolori nella zona operata, nonostante la paziente avesse affermato di avere la febbre «che persisteva dal giorno prima».
Per il gip sono due i profili su cui vale la pena indagare ancora: da un lato, «le informazioni rese alla paziente al momento delle dimissioni, circa le possibili complicanze e i segnali a cui prestare attenzione nella fase postoperatoria». Dall’altro, e forse è il profilo più importante, precisare il momento in cui i dottori indagati «sono venuti a sapere del persistente stato febbrile e dei dolori di cui soffriva Anna Giugliano, anche alla luce del fatto che sono stati prodotti dei fogli manoscritti in cui al ragazza annotava al sua temperatura già dal 15 marzo». Ecco che allora il gip ordina alla procura di verificare se sul telefono della donna vi siano stati contatti telefonici o via email con i dottori o con la struttura tra il 10 marzo, giorno delle dimissioni, e il 18 marzo. E di raccogliere le testimonianze della sorella e della madre, e anche dell’operatrice dell'Humanitas che eseguì il follow up telefonico.
Il tutto al fine di chiarire, insieme al resto, «a chi sono state comunicate le informazioni circa lo stato sanitario della paziente».Per i legali della famiglia, oltre a Giordano, anche gli avvocati Luciano Pesce e Aniello Giugliano, «la morte è dipesa esclusivamente dalla colpevole gestione del decorso post operatorio».
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