Sconsigliare un film con Isabelle Huppert e Olivier Gourmet fa male al cuore: trovarli in Italia due professionisti così…
Ma in Francia, dove il cinema è ancora un’industria, si girano più film di quelli che occorrono e ciò ancor più che in Italia. Da noi ne basterebbero dieci all’anno, da loro venti. Invece ne fanno ben più di cento. Fra le eccedenze francesi c’è Home di Ursula Meier.
Farlo uscire come Maison sarebbe stato più coerente, ma neanche Casa sarebbe suonato male, visto che siamo in Italia. Ma ormai siamo un Paese colonizzato dall’idiozia più che dall’anglofilia.
Una famiglia, che abita lungo un’autostrada mai aperta, s’è adattata al nastro d’asfalto che nessuno percorre, annettendolo mentalmente e fisicamente, come se lì proseguisse il triste giardinetto casalingo.
Questo Eden finisce quando l’autostrada si apre. Ormai colonne di auto in coda o cortei di auto sfreccianti separano la casa e la famiglia dal resto del mondo. E allora la nevrosi latente diventa palpabile, con la Huppert che si prende alcune scene madri, perfetta come in ogni suo ruolo, ma ormai ripetitiva, specie dopo il ruolo di folle latente nella Pianista. Più discreto, meno folle in apparenza, il personaggio del marito (Gourmet), ma incapace di uscire da quella situazione nemmeno davanti ai segni di squilibrio che danno presto i figlioletti.
Ammirata la bravura degli interpreti, lo spettatore - che non sia uno psichiatra in cerca di aggiornamenti - si chiederà: ma che cosa me ne importa? Nello spettacolo, infatti, i casi-limite funzionano per una certa durata. Qui invece il crescendo piace troppo alla regista.
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