Luca Fazzo
Enrico Lagattolla
Verbali di interrogatorio, intercettazioni, rapporti di polizia. Insomma, tutto quello che costituisce l’ossatura di una inchiesta, e che adesso occupa una massa di carta sterminata che va fotocopiata foglio per foglio. Un progetto già in avanzato stato di realizzazione all’interno del Palazzo di giustizia milanese chiude finalmente l’epoca delle indagini su carta. Ogni inchiesta arrivata a conclusione è destinata a diventare in diretta file elettronici, e a poter essere copiata con un semplice comando di mouse entrando a far parte di una gigantesca banca dati a disposizione degli avvocati e dei giudici. Ma la vera notizia è un’altra: a occuparsi di informatizzare le inchieste saranno i detenuti. Gente che per le inchieste c’è già passata,e che si guadagnerà uno stipendio passando allo scanner le nuove indagini della Procura milanese. Ogni giorno, un gruppo di una decina di detenuti lascerà il carcere di Bollate per venire nelle grandi stanze in corso di allestimento al quinto piano del palazzaccio. Saranno loro a occuparsi di quello che in gergo si chiama 415 bis, e che è un passaggio delicato delle inchieste: il momento in cui la Procura chiude le sue indagini è mette a disposizione degli indagati e dei loro avvocati il materiale raccolto nel corso dei mesi o degli anni. Materiale inedito, spesso scottante (tra i primi a dargli la caccia, infatti, sono in genere i giornalisti). Sulla opportunità di mettere dei detenuti a contatto diretto con documenti così delicati la Procura si è ovviamente interrogata. Ma ha deciso che non ci sono ostacoli tali da impedire l’esperimento,perché dal momento in cui vengono messi a disposizione degli indagati, gli atti non sono più segreti. L’unica eccezione è per quella piccola quota di documenti che, per un motivo o per l’altro, mantengono caratteristiche di riservatezza. Di questi, in locali adiacenti a quelli dove lavoreranno i detenuti, continueranno ad occuparsi dipendenti del ministero della Giustizia. Per dare una idea della dimensione della rivoluzione che si sta preparando, basta tenere presente che ogni giorno la Procura deposita una media di cinquemila fogli. Vengono chiuse inchieste semplici, con pochi indagati e elementi che si riassumono in qualche pagina. Ma anche indagini monumentali, sostenute da migliaia di atti, che vanno ad occupare decine e decine di faldoni. Un trionfo della burocrazia giudiziaria. E roba da disboscare l’Amazzonia, se si pensa che ogni atto viene copiato da ognuno dei difensori interessati. Che tutto questo sistema avesseun’aria vagamente cavernicola, in un mondo dominato dai microchip, la magistratura milanese ne era convinta da tempo. Si trattava di trovare gli spazi, le risorse economiche, lo swing, ovvero lo spirito di iniziativa. Con la spinta dei nuovi capi degli uffici giudiziari e con il contributo dell’Ordine degli avvocati, il progetto sta finalmente prendendo forme concrete.
Ma la vera trovata è stata quella - indubbiamente coraggiosa, e sostenuta dai vertici delle carceri lombarde - di puntare sulla manodopera dei detenuti: che si troveranno a dare manforte a quella giustizia di cui è toccato loro sperimentare le asprezze in prima persona.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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