Nucleare, gli Usa bocciano le furbizie di Teheran

L’Iran rilancia e annuncia «altri successi sul piano scientifico»

Alberto Pasolini Zanelli

da Washington

Gli Stati Uniti hanno esaminato «con l’attenzione che merita» la risposta iraniana sui programmi nucleari. E l’hanno giudicata insufficiente. Come era prevedibile, dal momento che dal documento di Teheran, di cui pure la Casa Bianca riconosce essere basato su «formulazioni nuove», manca la clausola essenziale: la sospensione preventiva delle «attività nucleari». Il giudizio negativo è stavolta condiviso appieno dai due principali alleati dell’America: Francia e Germania.
«Gli iraniani - ha detto il ministro degli Esteri di Parigi Philippe Douste-Blazy - conoscono le regole del gioco: senza una sospensione è inutile un ritorno al tavolo dei negoziati». «L’Iran non ha dissipato i dubbi - ha convenuto il collega tedesco Martin Jaeger - e dunque ha chiaramente perduto la fiducia della comunità internazionale». La risposta americana è semmai più cauta o almeno più «moderata nei termini». È, soprattutto, meditata: Bush e Condoleezza Rice hanno esaminato a lungo alla Casa Bianca il documento di Teheran, hanno chiesto le opinioni dei diplomatici e degli esperti, si sono attenuti alla loro «visione attenta». Hanno evitato una risposta emotiva o troppo polemica. Il presidente Usa e il suo segretario di Stato hanno preso tempo: «L’Iran ci ha messo due mesi e mezzo per rispondere, e adesso ci ha mandato un dossier di ventuno pagine. Dateci ventiquattro ore», ha detto il portavoce della Casa Bianca. E alla scadenza di questa «pausa di riflessione» hanno replicato che, pur se nel documento iraniano c’è qualcosa degno di attenzione, nel complesso ciò non basta. Rimane il nodo dell’uranio arricchito, anzi di quello modestamente arricchito che va benissimo e di quello molto arricchito che invece può essere usato per costruire ordigni nucleari. L’Iran ha rifiutato di sospendere i lavori anche se ha indicato che potrebbe essere disposto ad accettare una sospensione nel corso dei negoziati.
Una rigidità formale, coerente con l’impostazione del problema davanti all’opinione pubblica: il governo di Teheran si prepara ad annunciare un altro «successo dei ricercatori iraniani, molto importante sul piano scientifico», che rafforza il ruolo nucleare del Paese. Di conseguenza una sospensione vista come precondizione alla ripresa dei negoziati non può essere neppure messa in discussione, perché Teheran «ha già ottenuto l’accesso alla tecnologia dell’arricchimento, che è un fatto compiuto e dunque non è negoziabile». In sostanza l’Iran si considera già una potenza nucleare ed è disposto soltanto a sospendere, nel tempo delle trattative, nuove iniziative che possano avere conseguenze militari.
La palla ritorna ora nel campo dell’Onu. È imminente la scadenza, il 31 agosto, della specie di ultimatum mandato all’Iran dal Consiglio di Sicurezza e che due membri permanenti hanno respinto. Dovrebbe dunque scattare il meccanismo delle sanzioni economiche, primo passo nelle pressioni effettive della comunità internazionale. Ma non è detto che esse vengano approvate. In Consiglio di Sicurezza siedono anche, col diritto di veto, la Russia e la Cina, e Pechino ha già fatto sapere di non essere disposta a misure punitive e ha anzi invitato le parti in causa a «continuare nel dialogo».
Secondo i cinesi, Teheran deve «prendere misure costruttive» e gli altri membri del Consiglio di Sicurezza debbono «dimostrare calma, flessibilità, pazienza e impegno per una soluzione pacifica». La Russia, con un linguaggio più sintetico, si è associata. È dunque difficile che venga approvato un documento che contenga sanzioni immediate o anche degli automatismi che le introducano in un secondo tempo. È dunque possibile che, invece di affrontare il veto di Pechino e di Mosca, gli americani e i loro alleati si accontentino di una risoluzione «separata» che consenta una futura flessibilità in seno all’Onu.
Resta una domanda: per chi lavora il tempo? Secondo molti esperti esso favorisce in questo momento Teheran e non solo per motivi tecnici.

L’Iran è diventato negli ultimi anni la potenza dominante in quella parte del mondo. Paradossalmente anche a causa delle iniziative militari americane, che hanno abbattuto i regimi dei Paesi confinanti con l’Iran e adesso ostili: i talebani in Afghanistan e Saddam Hussein in Irak.

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