"Quei soldi sono della mafia". La Dia sequestra il patrimonio agli imprenditori

La Dia di Trapani ha sequestrato beni e conti correnti riconducibili ad alcuni imprenditori di San Giuseppe Jato accusati di avere finanziato la mafia trapanese vicina al super latitante Matteo Messina Denaro.

"Quei soldi sono della mafia". La Dia sequestra il patrimonio agli imprenditori

La Dia di Trapani ha eseguito il sequestro di beni e di conti correnti riconducibili agli imprenditori di San Giuseppe Jato (in provincia di Palermo) Ciro Gino Ficarotta, il figlio Leonardo e il nipote Paolo Vivirito. Nei confronti del più anziano, già coinvolto negli anni Novanta in vicende giudiziarie per via dei suoi rapporti con i noti boss mafiosi Giovanni Brusca e Baldassare Di Maggio), del figlio e del nipote è stata proposta, inoltre, la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, perché tutti indiziati di appartenere a Cosa nostra.

Le risultanze investigative provenienti dalle indagini giudiziarie sviluppate dalla Dia di Trapani e dai carabinieri ha permesso di svelare le infiltrazioni della mafia trapanese negli investimenti immobiliari sui terreni agricoli, offerti all'asta nell'ambito di procedure esecutive. I tre, insieme ad altri, sono stati destinatari di ordinanza di custodia cautelare in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, confermata dal Tribunale del Riesame. Le attività investigative, con il contributo di collaboratori di giustizia (Attilio Fogazza, Nicolò Nicolosi e Lorenzo Cimarosa) e dei dialoghi captati tra Vito Gondola, già reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, e altri associati mafiosi, nell'ambito del procedimento per la cattura di Matteo Messina Denaro, avevano permesso di ricostruire gli interventi dell'associazione mafiosa, rappresentata in questo caso da Salvatore Crimi e Michele Gucciardi (ritenuti rispettivamente i capi delle famiglie di Vita e Salemi), nella gestione di una grossa operazione finalizzata alla speculazione immobiliare attraverso l'acquisto, in un'asta giudiziaria, di una vasta tenuta agricola di oltre sessanta ettari in località Pionica del comune di Santa Ninfa, in provincia di Trapani.

La tenuta era stata poi rivenduta alla Vieffe, società agricola riconducibile ai tre imprenditori di San Giuseppe Jato. L'azienda, di proprietà della moglie di Antonio Salvo, nipote dei cugini Nino e Ignazio Salvo (quest'ultimo assassinato da Cosa nostra nel 1992), è stata formalmente acquistata all'asta da Roberto Nicastri, ritenuto prestanome del fratello Vito Nicastri, noto imprenditore del settore eolico, già sorvegliato speciale, per poi essere ceduta alla Vieffe dei Ficarotta e Vivirito per 530mila euro. Il prezzo di vendita reale dei terreni era, sottolinea la Dia, notevolmente superiore a quello dichiarato negli atti notarili e la differenza, pari a oltre 200mila euro, sarebbe stata versata dal Ficarotta e dai parenti in contanti agli uomini di Cosa nostra per la loro attività di 'intermediazione immobiliarè. Secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa, poi deceduto, parte di tale somma sarebbe stata destinata da Michele Gucciardi e Vito Gondola al mantenimento di Matteo Messina Denaro, che l'avrebbe ricevuta per il tramite di Lorenzo Cimarosa e Francesco Guttadauro, nipote del latitante e detenuto.

Secondo quanto ricostrito, Gucciardi avrebbe inoltre costretto l'originaria proprietaria dei terreni a rinunciare ai propri diritti di reimpianto dei vigneti nella tenuta agricola per consentire agli imprenditori di San Giuseppe Jato di ottenere finanziamenti comunitari per 600mila euro circa, in parte distratti per pagare il prezzo d'acquisto della tenuta. Inoltre, è emerso come nel corso di riunioni si sia parlato anche delle sorti di altri terreni sottoposti a procedure esecutive, appartenenti invece ad Antonio Salvo, marito di Giuseppa Salvo. Tali contesti erano finalizzati anche al passaggio di 'pizzinì da e per Messina Denaro, a cui partecipavano Vito Gondola, Michele Gucciardi e Domenico Scimonelli della famiglia mafiosa di Partanna, tutti arrestati nell'agosto 2015 perché ritenuti al centro del sistema di comunicazione con il superlatitante. Nel caso dei terreni di Antonio Salvo, precisa la Dia, l'infiltrazione progettata da Cosa nostra, sempre attraverso il nucleo familiare del 67enne, non fu portata a termine per una difficoltà nel reperire i fondi necessari e, in seguito, anche per il rifiuto dell'aggiudicatario di cedere alle pressioni mafiose.

Il tribunale di Trapani ha disposto il sequestro dell'intero compendio aziendale della società agricola Vieffe, proprietaria della tenuta agricola di Pionica di Santa Ninfa, per un valore di circa un milione e mezzo di euro, oltre che di numerosi conti e depositi bancari.

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