Roma - Continuano i misteri sul "papello", il documento - consegnato in copia dai legali di Massimo Ciancimino alla procura di Palermo - che conterrebbe l’elenco delle richieste che la mafia avrebbe fatto allo Stato nel 1992 per interrompere la stagione delle stragi. L'ex colonnello dei Ros, Mario Mori, lo ha smontato con sdegno: "E' un falso clamoroso, denuncerò tutti. Ora anche il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino (all'epoca dei fatti ministro dell'Interno), fa sapere di non aver mai saputo alcunché circa presunte trattative tra lo Stato e Cosa nostra. E nega che qualcuno gli abbia mai parlato del "papello".
Niente date certe La fotocopia del "papello" consegnato in procura a Palermo, non contiene una data certa, per cui sarà arduo per i magistrati posizionarlo con esattezza nel tempo. Soprattutto riguardo all’ipotesi che sia stata proprio l’opposizione del procuratore aggiunto Paolo Borsellino alla presunta trattativa fra Stato e Cosa nostra, a causare una accelerazione e la decisione di uccidere il 19 luglio 1992 il magistrato.
Mancino: chiedete a Mori "Se il cosiddetto papello contenente le richieste della mafia per alleggerire l’offensiva contro lo Stato è stato consegnato, tramite Vito Ciancimino, al colonnello Mori, è quest’ultimo che deve dire a chi l’ha consegnato, sempre che sia stato consegnato a qualcuno che aveva responsabilità istituzionali politiche o dei vertici dell’ordine pubblico o dei servizi". Così il vice presidente del Csm Nicola Mancino in una nota torna sui misteri del "papello.
Nessuno me ne ha parlato "A me di certo - prosegue Mancino -, né Mori né alcun altro, lo ha consegnato né me ne ha mai parlato, come del resto ho chiarito in tutte le sedi, anche giudiziarie". "Nel merito - aggiunge il vice presidente del Csm -, al tempo della mia responsabilità di ministro dell’Interno nessuna - proprio nessuna - di quelle richieste è stata accolta, neppure inavvertitamente. Si è rafforzata la scelta di contrastare la mafia, di non darle tregua : trasporto all’Asinara e a Pianosa dei più pericolosi detenuti; 7 mila militari a disposizione sul territorio della Sicilia; 41 bis applicato con determinazione; nessuna legge di contrasto alla mafia abrogata o modificata; Dia entrata in funzione con due anni di anticipo".
Maxiprocesso "Vorrei anche ricordare - aggiunge Mancino - che il maxiprocesso potè avere una conclusione grazie a una legge sui termini di prescrizione che reca la mia prima firma come senatore (legge n. 29 del 17.2.1987)". "Il mio nome comparirebbe in un carteggio aggiuntivo (quasi illeggibile) - afferma ancora Mancino - che si assume consegnato dal figlio di Ciancimino ai magistrati di Palermo. Ma Ciancimino figlio, in una recente dichiarazione (25 settembre, Radio 24), così precisa : 'Non ho nulla da rimangiarmi su Nicola Mancino che mi ha querelato. Quando si voleva aprire un canale per la trattativa era stato fatto il nome suo e di un altro ministro. Che poi mio padre non trovò in Mancino l’interlocutore che voleva'...".
Il fratello di Borsellino "La dichiarazione della Ferraro è molto tardiva e mi chiedo perché tanta gente, a cominciare dall’ex ministro Claudio Martelli, ci abbia messo tanti anni a ricordare delle cose avvenute 17 anni fa che era importante conoscere prima. Perché tanti anni?". È l’interrogativo di Salvatore Borsellino, il fratello del magistrato assassinato il 19 luglio del 1992 in via D’Amelio a Palermo, dopo le rivelazioni ai magistrati di Caltanissetta e Palermo fatte da Liliana Ferraro, collaboratrice di Falcone al ministero della Giustizia, e dall’ex guardasigilli Martelli. "E' importante la dichiarazione della Ferraro che ci fa capire come Paolo fosse al corrente della trattativa e conoscendo quella che era la sua integrità di giudice e il suo legame con Giovanni Falcone, quale possa essere stata la sua reazione".
Gasparri: "Le toghe chiariscano le frequentazioni" Il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, si dice convinta che "sulla vicenda del presunto 'papello' di Riina, è bene mettere qualche punto fermo". "All’epoca in cui si sarebbe svolta questa presunta trattativa tra mafia e Stato - sottolinea in una nota - era al governo il centrosinistra. Mancino, allora ministro dell’Interno, afferma di non saperne nulla. Bisogna prenderne atto, ma restano molti misteri. Anche i protagonisti della commissione Antimafia dell’epoca forse potrebbero essere utili per ricostruire la verità evitando omissioni e sussulti di memoria a scoppio ritardato. Per fortuna oggi al governo c’è il centrodestra che ha varato le più dure norme antimafia di ogni tempo. L’esatto contrario di quello che, secondo alcuni, auspicava Riina. Oggi è più facile sequestrare rapidamente i beni delle cosche, il 41 bis è stato rafforzato - e negli anni ’90 fui io da parlamentare dell’opposizione ad evitare che la distrazione del centrosinistra vanificasse il carcere duro realizzando gli auspici di Cosa nostra. Abbiamo varato norme severissime senza precedenti. È singolare che alcuni cerchino di indirizzare le polemiche verso il centrodestra quando all’epoca dei fatti di cui si discute erano al governo noti esponenti del centrosinistra. La destra, insomma, fa l’antimafia". "Il centrosinistra - accusa ancora Gasparri - è stato il regno dell’ambiguità. Per non dire, poi, dei magistrati che lasciavano gli assassini presunti pentiti girare a piede libero per la Sicilia dove, sotto l’egida dello Stato, facevano fuori i propri concorrenti. Sulla vicenda ad esempio di Di Maggio, sarebbe interessante dire qualcosa di più delle imbarazzate giustificazioni del giudice Caselli. Un’altra certezza è che Mario Mori ed i carabinieri del Ros sono stati l’avanguardia della lotta alla mafia e alla criminalità.
Altri settori, anche della magistratura, dovrebbero invece spiegare molte cose. Accanto ad eroi come Falcone e Borsellino ci sono stati troppi togati che dovrebbero chiarire le loro condotte e le loro frequentazioni".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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