Il paradosso dei buonisti: il vero crimine è dire che chi violenta è romeno

Per Lerner non si deve rivelare la nazionalità degli stupratori per non scatenare una "furia collettiva". Sergio Romano ha spiegato che in America l'etnia degli imputati "viene generalmente taciuta"

Il paradosso dei buonisti: il vero crimine è dire che chi violenta è romeno

Due stupri e due misure: sui giornali si enfatizza l'identità etnica dei criminali e il violentatore straniero ottiene più spazio di quello italiano. Questo hanno denunciato Sergio Romano sul Corriere della Sera e Gad Lerner sul settimanale Vanity Fair, pur con argomenti e stili assai diversi. E questo, beninteso, è quello che in parte accade: si tratta di capire in che misura sia giusto o non lo sia.

Sergio Romano, nel rispondere a un lettore, storicizza come suo solito e tira in ballo le regole anglosassoni dell' «affirmative action», vale a dire le norme che prevedono un trattamento preferenziale per le minoranze etniche: oltre al fatto che negli Stati Uniti, dice Romano, l'etnia degli arrestati e degli imputati «viene generalmente taciuta» in quanto potrebbe «sottointendere un pregiudizio razziale e contribuire a diffonderlo». Ma l'ex ambasciatore in definitiva non pensa che si debbano tacere le nazionalità delle persone menzionate nei vari articoli, tuttavia «è possibile farlo senza dare l'impressione che i romeni sono stupratori e i romeni magnaccia». Gad Lerner, invece, la mette giù dura e scrive che nel caso dello stupratore italiano cala addirittura «un silenzio imbarazzato», mentre viceversa «il branco straniero è meritevole di linciaggio» e non di rado «scatta una furia collettiva che dà luogo a spedizioni punitive, pestaggi di ignari connazionali dei violentatori, devastazioni dei loro negozi etnici o delle baracche in cui vivono».

Anche giustificando il linguaggio generalizzante adottato da Lerner, in tutta onestà, di giornali che abbiano palesemente ammiccato ai linciaggi e alle spedizioni punitive non se ne sono visti: non almeno da queste parti. C'è stato addirittura chi, tra questi lo scrivente, non ha perso l'occasione per precisare che linciatori e sceriffi andrebbero espressamente messi in galera a loro volta. E' verissimo che sui giornali non si parla di tutti gli stupri nello stesso modo: anche perché ce ne sono mediamente tredici al giorno (peraltro in calo rispetto all'anno precedente) i quali finiscono o non finiscono sui giornali, come il collega Lerner ben sa, secondo infinite varianti: l'etnia del violentatore è una sola di esse, ma non vogliamo essere ipocriti. Il punto vero, infatti, è che oggigiorno un romeno che stupra un'italiana non è una notizia, sono due: è il racconto di una violenza ordinaria ma anche la conferma di un trend straordinario. Nel caso il violentatore romeno sia pure clandestino, ecco, le notizie diventano tre: perché a essere confermato è anche il dato che vede nei clandestini il 62 per cento degli stupratori stranieri.

Negli ultimi vent'anni gli stranieri denunciati per stupro sono passati dal 9 al 40 per cento: significa che uno stupro compiuto da uno straniero è una rondine che sta facendo primavera, e la sua rilevanza sociale è diversa se non maggiore di quella relativamente in disarmo (si fa molto per dire) appartenente a un violentatore italiano: anche se entrambi, romeno o italiano o anche bengalese, sono meritevoli della stessa identica galera come delle stesse identiche garanzie.

Se la maggioranza dei violentatori è straniera e se la maggioranza di questi violentatori stranieri è romena, in sostanza, sempre meglio saperlo: anche perché il nascondercelo, come è stato fatto per tanti e troppi anni, ha soltanto alimentato pregiudizi che nel tempo hanno trovato la peggiore delle risposte: una conferma.

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