Da Poggiali l'arte "chicana" di Ramón Pérez

In Foro Buonaparte, da sei anni a questa parte, si è accesa un'interessante vetrina sulla nuova arte statunitense

Da Poggiali l'arte "chicana" di Ramón Pérez
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In Foro Buonaparte, da sei anni a questa parte, si è accesa un'interessante vetrina sulla nuova arte statunitense. Lo spazio è quello della galleria Poggiali, fondata da Alessandro con i figli Marco e Lorenzo che, forte di una lunga e prestigiosa esperienza a Firenze e Pietrasanta con artisti europei del Novecento e contemporanei, ha messo solide basi a Milano aprendosi alle nuove tendenze d'oltreoceano, con un occhio privilegiato alle proposte afroamericane.

Dopo le personali dedicate a John Isaacs, Thomas Kovachevich, Zhivago Duncan, Olaf Breuning, Kennedy Yanco, Basil Kincaid, Miguel Angel Payano, David Antonio Cruz, Sarah Zapata ed Amy Bravo, questa primavera i riflettori si sono accesi sulla ricerca del giovane Esteban Ramòn Perez, californiano di Los Angeles, di origine messicana. «Bet I'll be damned» è il titolo della sua prima personale italiana, un ciclo di installazioni in cui l'artista espone una originale riflessione sui rapporti tra l'iconografia chicana e la cultura rinascimentale. In mostra compaiono nove opere di grande formato, collage e patchwork di pelli e tessuti cuciti a mano che richiamano le tecniche artigianali precolombiane ma anche l'arte messicana dei nativi americani.

I titoli e le immagini che traspaiono dai contrasti cromatici rimandano però alla tradizione della pittura trecentesca italiana, come nel caso di Chance Encounters (The Annunciation) che richiama esplicitamente l'Annunciazione di Tommaso Del Mazza, artista toscano del XIV secolo, conservata J. Paul Getty Museum di Los Angeles, dove Pérez reinterpreta la scena eliminando la figura della Vergine, con l'Arcangelo Gabriele armato che alza la mano a benedire qualcuno fuori dal nostro campo visivo. Altri elementi riferiti all'arte sacra si trovano nell'opera Corona (Heavy Is the Head), dove un volto simile a una maschera tribale appare sulla superficie dell'opera quasi fosse un sudario, circondato da una corona di spine.

É lo stesso artista a raccontare le genesi della sua ricerca: «Ho iniziato a indagare sulla pittura e la scultura del primo e massimo Rinascimento, intorno al tempo in cui Cristoforo Colombo stava arrivando nel nuovo mondo per caso. Ho trovato un dipinto di Tommaso del Mazza dell'Annunciazione, con l'angelo che porta notizie a Maria della sua gravidanza, e la sua importanza. Ho messo a confronto una figura della morte, o una falce dietro l'angelo che porta cattive notizie, come un simbolo di presagio di ciò che verrà a causa di questo intervento divino e della diffusione della religione e della cultura occidentale».

L'elemento sacro e le relazioni con le radici antropologiche sono ulteriormente sviscerate: «Ho cominciato a riflettere su come le entità coloniali abbiano strumentalizzato la religione e

l'autoattribuzione di una chiamata divina per la diffusione del cristianesimo nel mondo, giustificando in tal modo guerre e atrocità nei confronti dei non credenti, il tutto alimentato da una compulsione radicata nella fede».

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