È un’immagine sostanzialmente positiva, quella dell’economia italiana scattata dagli imprenditori al Forum Teha di Cernobbio, giunto alla 50sima edizione. Si tratta di un effettivo riconoscimento per le politiche adottate dal governo Meloni che hanno sostenuto il Pil, ma in un contesto macroeconomico globale molto fragile servirebbe una spinta più forte che, per ovvi motivi, l’Italia non può dare, perché imbrigliata dalle regole comunitarie.
Il classico sondaggio del Forum tra i partecipanti ha evidenziato che la maggioranza netta degli interpellati - oltre il 60% - ha indicato che nel 2024 la propria impresa sta performando meglio o molto meglio rispetto ai concorrenti. In questo gruppo, rispetto al 2023, è aumentata la percentuale di imprese che sta performando «molto meglio», pari a circa il 21% contro il 14% registrato un anno fa. È aumentata inoltre la quota di aziende (32%) che chiuderanno l’anno con un tasso di incremento del fatturato superiore al 10 percento. Ma gli imprenditori e i protagonisti della finanza come vedono la situazione? «Il governo sta trattando con grande consapevolezza» il problema del debito, spiega il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros -Pietro, evidenziando che «nonostante il desiderio di attuare tutti i provvedimenti positivi richiesti da diversi settori economici e sociali, si guarda anche ai conti».
Stesso discorso anche per Emma Marcegaglia, presidente e ad di Marcegaglia Holding, nonchè ex presidente di Confindustria. «Tutte le imprese metalmeccaniche italiane sono fornitori o clienti dell’industria tedesca e questa crisi» della Germania può essere fermata solo facendo «debito comune per investire di più». Anche Cristina Scocchia, amministratore delegato di Illycaffè, pur dichiarandosi «ottimista» e sottolineando che «molti Paesi, tra cui l’Italia, hanno una disoccupazione ai minimi storici», «l’Europa sta perdendo terreno e oggi pesiamo solo il 18%» dell’economia globale.
Insomma, una situazione con luci e ombre come quella che delineato Andrea Di Paolo, presidente di Bat Trieste, l’hub italiano dedicato all’innovazione della multinazionale del tabacco. «In solo 18 mesi siamo riusciti a costruire 10mila metri quadri di area produttiva con un investimento di 500 milioni di euro e un impatto sull’occupazione di 2.700 persone». Ma ciò che lo preoccupa è la certezza delle regole fiscali. «C’è sempre il rischio che possa cambiare la normativa e questo ci crea parecchi problemi, soprattutto durante gli “assalti alla diligenza” della legge di Bilancio». L’incubo peggiore? «Visto che paghiamo tasse per 2 miliardi all’anno allo Stato come Bat e 14 miliardi come settore, spostare una sola virgola cambia molto».
E al quadro internazionale fa riferimento Angelo Costa, amministratore delegato di Arriva Italia, braccio italiano della multinazionale del trasporto pubblico.
«La Francia oggi rischia di avere un debito pubblico molto più fuori controllo rispetto all’Italia nelle sue dinamiche, quindi il lavoro ventennale di mettere la finanza pubblica sotto controllo ha funzionato», racconta. Il ruolo del governo, in un simile contesto, è compresso da vincoli esterni. «Forse c’è bisogno di un approccio un pochino più disruptive, in termini di ridefinizione delle regole del gioco, a partire dall’Europa che si preoccupa di tematiche più politiche e sociali, mentre ora c’è necessità di mettere un focus sull’economia». La situazione italiana «è complicata, perché è complicata un po’ in tutta l’Europa; tuttavia, l’Italia può portare una stabilità quantomeno politica che altri Paesi non possono dare», rimarca Emanuela Trentin, ad di Siram Veolia.
Il giudizio è positivo. «C’è stato uno sforzo in termini di politiche di supporto all’industria e all’economia, ma ci sono alcune cose su cui lavorare ancora come il piano di transizione energetica che può essere ulteriormente affinato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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