Ilva, Arcelor frena l’addio

Tenendo in scacco l’indotto Acciaierie d’Italia lascia Sace all’oscuro sui debiti verso i fornitori. Occhi puntati sulla sentenza del tribunale

Ilva, Arcelor frena l’addio
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Acciaierie d’Italia (Adi) tiene in ostaggio l’indotto dell’ex Ilva. A poche ore dall’Audizione in Senato del gruppo che oggi, per voce dell’ad Lucia Morselli andrà a riferire sullo stato del sito siderurgico (dopo una prima convocazione andata a vuoto), resta lo stallo sul futuro di Taranto, Genova e Novi Ligure. Le voci continue di una trattativa a latere non si concretizzano e l’amministrazione straordinaria è di fatto bloccata dall’ostruzionismo del socio privato: Adi, infatti, non starebbe fornendo a Sace i documenti e le informazioni riguardanti l’indotto che ne permetterebbero il “salvataggio” finanziario.

Il confronto, al momento, non si sarebbe ancora risolto, e Acciaierie - si apprende da fonti vicine al dossier - avrebbe sollevato dubbi applicativi per l’individuazione delle società da aiutare e per il rispetto dei necessari criteri di riservatezza aziendali.

Dubbi che secondo informazioni raccolte da il Giornale sarebbero oggetto di un provvedimento cautelare presentato da Adi e ora all’attenzione del Tribunale di Milano. Un primo passaggio del confronto con Sace sarebbe avvenuto per via epistolare mentre un secondo, per via telematica, non avrebbe consentito di superare lo stallo.

La società siderurgica avrebbe inoltre rilevato che il decreto indica grandi imprese in procedura di amministrazione straordinaria, uno strumento non ancora attivato per Acciaierie d’Italia.
Sullo sfondo, le parti stanno cercando di disegnare un meccanismo che consenta ad Arcelor Mittal di uscire da AdI senza che il governo debba ricorrere all’amministrazione straordinaria. Ma l’intesa non c’è e il tempo è finito. D’altra parte lo strumento del commissariamento è pronto e attivabile in qualsiasi momento, come ha ricordato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ma la situazione dell’indotto e il braccio di ferro con Sace, ne blocca l’esecuzione.

Fim, Fiom e Uilm tornano così a farsi sentire: «Il tempo è ormai scaduto, il degrado degli stabilimenti è insostenibile», scrivono le sigle in una nota congiunta, poi l'affondo: «Da giorni sembrerebbe essere in atto una trattativa segreta tra i soci di Acciaierie d’Italia alla ricerca di una soluzione condivisa per il cambio di gestione, in assenza di confronto con le organizzazioni sindacali.

È inaccettabile che dopo due decreti voluti dal governo per estromettere Mittal, attraverso l'attivazione dell'amministrazione straordinaria, la situazione e il futuro dell’ex Ilva rimangano nella totale incertezza». In assenza di risposte, dunque, Fim, Fiom e Uil si autoconvocheranno a Palazzo Chigi.

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