"Non c’è alcun dubbio che la presidenza Trump farà grande differenza nelle relazioni tra gli Stati Uniti e l’Europa, ma non necessariamente tutto in senso negativo, certamente noi dovremmo prenderne atto". Sono le parole pronunciate da Mario Draghi a margine della riunione straordinaria del Consiglio europeo, a Budapest, dove è stato chiamato per presentare la sua ricetta per il rilancio economico della Unione europea.
L'ex premier italiano è convinto di una cosa: "L'amministrazione Trump darà ulteriore grande impulso al settore tecnologico, dove noi siamo già molto indietro. Ed è il settore trainante della produttività. Già ora la differenza è molto ampia, noi dovremo agire. Gran parte delle indicazioni del rapporto sono su questo tema. Sicuramente Trump proteggerà anche le industrie tradizionali, che sono quelle in cui noi esportiamo di più negli Usa. E lì dovremo negoziare con uno spirito unitario in maniera da proteggere i nostri produttori europei".
Il rischio di non decidere è uno dei problemi più gravi che preoccupano Draghi. "Ci sono grandi cambiamenti in vista e credo che quello che l’Europa non può più fare è posporre le decisioni. Come avete visto in tutti questi anni si sono posposte tante decisioni importanti perché aspettavamo il consenso. Il consenso non è venuto, è arrivato solo uno sviluppo più basso, una crescita minore, oggi una stagnazione".
I fondi per la Difesa
Per Draghi "è possibile spendere per la Difesa il 2% del pil rispettando il patto di stabilità, ma bisognerà prendere tutta una serie di decisioni anche se è inutile dire se è possibile o meno, si tratta di decidere che cosa fare poi viene l’aspetto dei soldi".
Ieri il ministro dell’economia Giorgetti ha indicato che l’obiettivo del 2% del pil per le spese militari previsto dalla Nato "è molto ambizioso e non del tutto compatibile" con l’azione italiana nel quadro delle nuove regole di bilancio.
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