
Con bocconiana saccenza, l'editorialista più amato dalle élite liberiste della sinistra casereccia, Francesco Giavazzi, ha ripreso la matita blu per bacchettare il governo mettendo in fila tutti gli errori commessi da Giorgia Meloni per indicarle passo dopo passo la via virtuosa allo sviluppo del Paese. Così Industria 5.0 non ha funzionato, il Pnrr va accelerato perché l'hanno arenato, la formazione tecnica andrebbe recuperata per fornire manodopera qualificata alle imprese, le aziende italiane sono troppo piccole, eccetera eccetera. Osservazioni, costatazioni, peraltro presentate con parzialità, ma che lette più e più volte qua e là hanno il suono rassicurante dei luoghi comuni. Ciò che balza agli occhi è però la perseveranza di questa generazione di professori che si sentono infallibili perché «loro hanno studiato in America» e che vedono nel mercato il solo faro proponibile, non importa se ciò conduce a sacrificare il buon senso. E non importa se si fa marcia indietro o ci si contraddice. Per esempio, insieme ad Alberto Alesina, Giavazzi è stato un forte sostenitore dell'austerità espansiva, che avrebbe dovuto comportare un taglio netto della spesa di governo; qualche anno dopo ha però cambiato idea, avendo scoperto un nuovo Giavazzi per il quale il debito può anche essere buono. Meglio tardi che mai.
Ieri il professore è tornato a sbilanciarsi con giudizi netti su un tema complesso come quello dell'energia, che è sicuramente tra i più problematici, ma ciò non giustifica valutazioni superficiali o persino cantonate. Tanto per cominciare andrebbe ricordato che porta la sua firma la Caporetto della fine forzata del mercato tutelato: un metodo tutt'altro che liberista, che invece di affidare la scelta ai cittadini l'ha di fatto imposta con un sistema di aste; invece di aumentare la concorrenza e abbassare i prezzi, si è creato un limbo in cui sono stati premiati coloro che non hanno mai scelto. E il tanto celebrato mercato non è ancora stato messo nelle condizioni di fornire i prospettati vantaggi ai consumatori, che faticano a orientarsi tra centinaia di operatori mai così aggressivi e non sempre affidabili.
Sempre in tema di energia, Giavazzi incita il governo a cambiare «il meccanismo folle» che lega il prezzo delle rinnovabili a quello del gas, ma forse non sa che ciò dipende da un processo armonizzato a livello europeo, che proprio i suoi corrispondenti di Bruxelles non trovano opportuno cambiare. Quanto al tema delle reti, il professore sembra ancora fermo a 25 anni fa, visto che non sembra accorgersi che l'assetto e la regolazione dell'infrastruttura elettrica italiana l'hanno resa una delle più efficienti - il giudizio è unanime in Europa - oltre che la meno costosa per le famiglie. Esattamente all'opposto di quanto afferma Giavazzi, le gare sulla rete di distribuzione avrebbero rischiato di spezzettarla, non di aggregarla; oltre ad aprire la possibilità a operatori stranieri di mettere le mani su asset strategici italiani, come appunto le reti o gli impianti idroelettrici, senza peraltro garantire alcuna reciprocità. Per chi ha memoria breve, ricordiamo che è proprio di Giavazzi l'idea delle gare nell'idroelettrico come vincolo legato al Pnrr: grazie a lui rischiamo di essere gli unici in Europa a fare la follia (questa sì) di regalare a qualche soggetto straniero la gestione dell'acqua, che è strategica per il Paese. Non si tratta di fare regali alle aziende, a sostegno dell'idroelettrico sono scesi in campo persino sindacati, ambientalisti e associazioni di consumatori. Ma, si sa, la difesa delle eccellenze italiane non è mai stata nelle corde del professor Giavazzi.
Parla di tutto, sa tutto, su qualsiasi argomento. Sulle banche ad esempio sembra sfuggirgli che le fusioni in corso hanno anche l'obiettivo di tutelare il sistema e il risparmio degli italiani dalle ambizioni dei gruppi esteri, e perciò riduce il terremoto sul credito ad un puro scontro di potere con il governo in prima linea. A tal proposito c'è chi ieri ricordava che il suo malcelato amore per le nomine e per il potere (quando ha potuto esercitarlo) lo ha spesso portato ad agire più con logiche dirigiste che di mercato.
Noi ancora ricordiamo il provvedimento con cui il Consiglio dei ministri presieduto da Mario Draghi bloccò le grandi navi a Venezia: una misura messa a punto dal sottosegretario Francesco Giavazzi, mai stato esperto di turismo, navi, ambiente o idrogeologia, ma titolare di una bella casa sul Canal Grande.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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