La carica "perbenista" contro chi dissente

I progressisti o woke/svegli si sono ammantati di una superiorità morale che legittima ogni loro posizione senza bisogno di dimostrarla e che usano come una clava per screditare quegli alfieri del pensiero non allineato o politically uncorrect

La carica "perbenista" contro chi dissente
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Una cosa è dissentire dalle opinioni altrui e confutare le falsità, altro è delegittimare la facoltà stessa degli interlocutori a esprimere le loro idee, abitudine diffusa negli ambienti lib-dem. I progressisti o woke/svegli si sono ammantati di una superiorità morale che legittima ogni loro posizione senza bisogno di dimostrarla e che usano come una clava per screditare quegli alfieri del pensiero non allineato o politically uncorrect. Per regolare i vari Trump e Vannacci non scendono sul piano dei contenuti ma ne distruggono la statura morale. I risultati sono eccellenti: li trasformano in tanti dalit, gli «intoccabili» della società indiana. Tanto che pure chi sta politicamente all'opposizione, dove c'è una popolazione enorme di cittadini che mal sopporta le posizioni mainstream, si sforza di farsi accettare per non cadere nel vortice dannato della delegittimazione. Così si oppongono ma fino a un certo punto, vanno contro ma chiedendo il permesso, terrorizzati che gli venga appiccicato il marchio dell'infamia. Mancanza di coraggio? Calcolo? Fatto sta che è la principale e più dannosa responsabilità che hanno le destre e che porta poi, non dando piena voce alle posizioni di milioni di cittadini, ai vari Trump, Vannacci e Le Pen verso i quali i lib-dem hanno buon gioco. Del resto, non a caso gli unici a poter parlare contro certe posizioni mainstream sono ex paladini lib-dem come Rampini e Oriana Fallaci, di cui vengono riesumate le posizioni verso gli islamici. Ma come ci siamo arrivati? Questi movimenti sono nati a sinistra con la politica di classe che aiutava i succubi della società a migliorare, salire nella scala sociale, avere diritti e garanzie, affrancarsi: ovvio che fossero aspirazioni giuste. Archiviato quel conflitto di classe e nonostante le ricette siano state sconfessate dalla caduta del Muro, la presunzione di superiorità è stata trasferita dalle richieste alla parte politica in quanto tale, che a dispetto dei fatti poteva auto-posizionarsi dalla parte giusta della storia e da lì dispensare patenti di legittimità. Da qui l'idea non solo di potere ma di dover censurare, per proteggere dal male.

L'ultimo caso è la lettera sguaiata con cui Thierry Breton ha inteso censurare l'intervista di Elon Musk a Trump, facendo insorgere i fautori della libertà di pensiero. Secondo Robert Kennedy «mai nella storia quelli che censuravano le idee erano i buoni». Sul punto serve prudenza e nemmeno poca. Una cosa è contrastare la censura, altro è spacciare la propaganda per giornalismo, che ha il dovere di accertare la veridicità delle affermazioni. Elon Musk non mi pare un simbolo e una garanzia di terzietà. Oggi un direttore di testata non sarà famoso come il divino Elon, ma sa come costruire un'intervista e contestare le affermazioni false. Non sempre lo fa, d'accordo, ma rimuovere il controllo di verità e affidarsi al primo influencer di turno non mi sembra un passo avant.

Tanto più che i nuovi mezzi di comunicazione, svincolati dal fact-checking, sono dei veicoli di disinformazione. Quindi attenzione: il pilastro della civiltà è la libertà d'informazione, non anche quella di disinformazione.

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