Donald, la solitudine di un numero uno

Ebbene, la politica dei dazi ha condannato Trump alla solitudine. Basta fare i conti e chiedersi su quale sponda ora può contare l'inquilino della Casa Bianca?

Donald, la solitudine di un numero uno
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Alla fine a mettere un punto sulla polemica strisciante che divideva l'Europa su come rapportarsi con la nuova amministrazione Usa ci ha pensato lo stesso Donald Trump: «considero l'Europa un blocco unico». Un riconoscimento sia pure indiretto della Ue arrivato a tre mesi dal suo insediamento, anche se - va detto - l'avversione verso l'Unione non è svanita visto che il Presidente non ha ancora avuto un contatto con la presidente della Commissione Ursula Von der Leyen. Quello di Trump è stato un riconoscimento dettato soprattutto da uno stato di necessità perché si è accorto di essere restato solo. Da novello dottor Stranamore ha dichiarato guerra a tutti, gli mancava solo il Polo sud visto che con l'Artide ha già dato con le sue pretese sulla Groenlandia. E per un Paese come gli Stati Uniti che da 80 anni domina il mondo ritrovarsi senza amici non è una bella sensazione.

«Beata solitudo» dicevano gli antichi ma per l'inventore di America First non può essere così, perché l'influenza di una nazione - siamo all' a b c della diplomazia - si misura anche dalle amicizie che ha. Ebbene, la politica dei dazi ha condannato Trump alla solitudine. Basta fare i conti e chiedersi su quale sponda ora può contare l'inquilino della Casa Bianca? La Cina, si sa, è il nemico per eccellenza

per cui non è neppure il caso di parlarne. Le economie asiatiche dal Giappone, all'Indonesia, all'India negoziano con lui ma con la diffidenza e il sospetto che di norma si riservano agli avversari. La Russia naturalmente dialoga con The Donald per ritornare in gioco e uscire dall'isolamento in cui l'ha gettata la disgraziata guerra con l'Ucraina. Detto questo, però, quando a Trump l'altro giorno è venuta la bella idea di portare i dazi con la Cina al 145% il Cremlino si è schierato subito con Pechino. Era scontato: Putin ti usa non ti aiuta. Resta la vecchia e beneamata Europa, l'altro pezzo dell'Occidente. Oggi Trump dice di aver rinviato di 90 giorni i dazi al 20% (restano comunque al 10% e al 25% per acciaio e alluminio) perché l'Europa non ha risposto come la Cina, cioè non lo ha ripagato della stessa moneta. Questa è la narrazione trumpiana che si discosta un pò dalla realtà visto che Bruxelles aveva deciso di aspettare il 15 aprile per rilanciare e, comunque, il bazooka - come non si stanca di ripetere la Von der Leyen - resta sul tavolo di una possibile trattativa. La verità è che il Tycoon, appunto, si è ritrovato senza alleati in un mondo che lo guarda male. Aprire pure con l'Europa una guerra commerciale di vaste proporzioni sarebbe stata una scelta sciagurata. Tutto il gotha finanziario che lo ha sostenuto nella sua campagna presidenziale lo avrebbe abbandonato. In più avrebbe spinto

sul piano commerciale il vecchio Continente verso la Cina: non per scelta ma per una logica mercantile che va avanti dai tempi di Marco Polo. Insomma, Trump stava commettendo una follia alquanto prevedibile che ha voluto toccare con mano - se proprio vogliamo essere buoni - prima di tornare indietro. Al di là delle dichiarazioni pubbliche in cui espone il suo Ego, il Presidente comincia a capire - basta pensare alle previsioni delle maggiori agenzie economiche che paventano gli USA in recessione - di aver commesso una mezza baggianata.

Non è detto che non ci riprovi ad alzare la posta, ma ora il Presidente Usa è consapevole di ciò che rischia.

E magari - anche se con lui nulla è certo dato che gli aspetti psicologici, gli umori contano quanto la politica - l'uomo di Washington in questi frangenti potrebbe aver capito anche il valore dell'Occidente, di quel legame fino ad oggi profondo che garantisce sia gli Stati Uniti, sia l'Europa. Il mondo è diventato troppo insidioso (basta pensare all'evoluzione dei paesi Brics) e troppo grande per giocare da soli. È un concetto semplice di facile divulgazione.

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