Dugin "chiede la testa" di Putin. Ma il post scompare

In un post pubblicato su Telegram, subito rimosso, il filosofo Aleksandr Dugin ha espresso tutta la frustrazione del mondo nazionalista russo circa la ritirata da Kherson. Evocando la destituzione del presidente Putin

Dugin "chiede la testa" di Putin. Ma il post scompare

Il mondo "filo-russo" reagisce con grande irritazione e sconcerto alla ritirata strategica delle truppe di Mosca da Kherson. Emblematiche in tal senso le parole del filosofo Aleksandr Dugin, spesso descritto - erroneamente - dalla stampa occidentale come il "consigliere" o il "Rasputin" del presidente Vladimir Putin. Secondo il Mirror, infatti, Dugin - che nei mesi scorsi ha perso la figlia Darya in un terribile attentato - avrebbe pubblicato un post polemico nei confronti del Cremlino, poi subito rimosso. Nel suddetto post Dugin avrebbe citato un passaggio dell'opera filosofica di James George Fraser, "Il ramo d'oro", in cui un sovrano viene ucciso dai suoi sudditi perché non è riuscito a far piovere durante un periodo di siccità. Dugin, parlando della situazione in Ucraina, ha scritto che ogni "vero russo" ora dovrebbe piangere e "stringere i denti per il dolore" a causa della situazione attuale. Ha continuato spiegando che la Russia ha "ceduto Kherson" e che se i civili non sono arrabbiati per la perdita della città, in cui ora sono entrati gli ucraini, "non sono russi".

Nazionalisti russi irritati per la ritirata

In una autocrazia, ha rimarcarto Dugin,"diamo al sovrano pienezza assoluta dei poteri per salvarci tutti", quindi "pieni poteri in caso di successo, ma anche totalità delle responsabilità in caso di fallimento". Lo sfogo del filosofo eurasiatista, autore della Quarta Teoria Politica e di altri saggi di filosofia politica, la dice lunga sull'umore del mondo nazionalista russo rispetto all'andamento di quella che il Cremlino ha definito un'operazione militare speciale. L'ideologo russo, nei mesi scorsi, aveva parlato della guerra tra Russia e Ucraina come uno scontro di civiltà tra l'occidente decadente e la Federazione Russa. In una puntata della trasmissione televisiva Fuori dal Coro (Rete4), andata in onda lo scorso 29 marzo, il filosofo ha sottolineato che quello in corso "è il conflitto tra la civiltà del male che è l'Occidente e la terra del cuore che è precisamente la Russia". Mosca, ha rimarcato, "sente molto forte la sua identità culturale e la propria civiltà. Putin dice che la Russia non è un Paese ma è la civiltà stessa. I suoi valori non possono coincidere con quelli dell'Occidente che crede di essere l'unica civiltà".

Inevitabile, per il mondo nazionalista ed eurasiatista russo che s'ispira (anche) a Dugin, interpretare la ritirata di Kherson come una sconfitta umiliante, non degna di una potenza che vuole contare sullo scacchiere geopolitico mondiale e non essere ritenuta dagli avversari una potenza minore rispetto a Stati Uniti e Cina. Secondo il canale Telegram filo-russo Russians with Attitude, "le forze russe sulla riva destra del Dnepr erano piuttosto numerose, tra i 20 e 30mila uomini". Il problema è che "il Cremlino ha una paura mortale delle vittime. Sono avversi al rischio al punto da danneggiare attivamente la campagna militare". Secondo il canale, molto seguito anche su Twitter, le forze russe avrebbero potuto essere accerchiate intorno al Dnepr senza possibilità di rifornimento, e questo ha convinto ai vertici militari a non rischiare e a ritirarsi.

Cosa succede a Kherson

L'amministrazione filorussa di Kherson, secondo quanto riportato dall'agenzia Agi, ha nel frattempo scelto la nuova capitale provvisoria della regione ucraina da cui Mosca ha annunciato il ritiro, pur continuando a rivendicarne il controllo. La scelta è ricaduta sulla cittadina di Genichesk sulle rive del Mare d'Azov, con una popolazione inferiore ai 20 mila abitanti. Ad annunciare la nuova capitale è stato l'addetto stampa del vicepresidente del governo regionale, Aleksandr Fomin, secondo il quale anche l'amministrazione filorussa di Kherson si è trasferita lì.

Inoltree, nelle scorse ore il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha incontrato il Segretario di stato americano Antony Blinken, ringraziandolo per l'aiuto degli Usa all'indomani della liberazione di Kherson. Una vittoria fondamentale che ha gettato i russi nello sconforto.

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