C'è una lezione che, a ogni longitudine del globo terracqueo, la sinistra non vuole imparare. E che finché non l’avrà imparata non riuscirà più toccar palla ad un appuntamento elettorale. Potremmo sintetizzare il concetto usando un semplice sostantivo: concretezza. Da Kamala Harris ai dem di casa nostra (Elly Schlein inclusa) il vizio di considerare i vipponi canterini, che riempiono stadi e arene, la cartina da tornasole della pancia del Paese o le istanze di minoranze assordanti (arcobaleno, green o in kefiah che siano) prioritarie per la crescita del Paese o, ancora, i circolini e i salotti chic delle élite, confinate nelle dorate ztl delle grandi metropoli, il sentiment dell’intero elettorato resta (nonostante le continue sconfitte) il solo, mastodontico abbaglio dei dem. Negli Stati Uniti come pure in Italia. Mai, come in questo momento storico, la sinistra è lontana anni luce dalle esigenze delle persone comuni. Lo dimostrano il voto, che ha nuovamente incoronato Donald Trump alla Casa Bianca. E lo dimostra pure, due anni fa, la vittoria di Giorgia Meloni.
Concretezza, dunque. Ma davvero Kamala e compagni credono che a sera, dopo un’estenuante giornata al lavoro, quando si mettono a guardare il conto in banca e a calcolare come tirare fuori i soldi per pagare le bollette, la rata del college, il mutuo o i debiti che hanno accumulato, gli americani mettono da parte le proprie difficoltà economiche per battersi contro il cambiamento climatico? Ma davvero credono che schwa, asterischi ed epurazioni linguistiche varie, che in seno alle università monopolizzano ancora il dibattito, o la causa palestinese, che ancora fa scendere in piazza studenti che probabilmente ignorano quanto siano sanguinari i miliziani di Hamas, o, ancora, le istanze di minoranze, sacrosante ma eccessivamente predominanti, possano mai essere in cima ai pensieri degli americani? Non credono che la quotidianità, con i suoi problemi, i suoi affanni, le sue preoccupazioni, sia segnata da ben altri pensieri, quasi tutti legati alla stabilità economica, all’occupazione o alla salute?
Trump viene accusato dai detrattori di "parlare alla pancia del Paese". La stessa accusa, l’avevamo sentita addossata anche alla Meloni. Ebbene sì, la destra non parla alle élite ma alla stragrande maggioranza del Paese: quelli – per intenderci – che non se la passano benissimo, che arrivare a fine mese non è certo una passeggiata, che non vivono nel dorato mondo di Hollywood o nei palazzoni di New York, che l’immigrato lo guardano storto non per razzismo ma perché, nella maggior parte delle città in cui l'immigrazione è fuori controllo, dilagano criminalità e insicurezza. Sono quelli che, va bene i diritti per tutti (Lgbt, islamici, afroamericani, latinos), ma che con l'utero in affitto - giusto per fare un esempio - non ci campano di certo. Sono quelli che, appunto, a un capo dello Stato chiedono concretezza e cioè che metta al centro delle proprie politiche misure chiare, non ideologiche.
Trump è appunto uno così. Uno che del politicamente corretto se ne frega. Uno che preferisce il free speech. Uno che se ne frega pure degli imbrogli della cultura woke. Già durante il primo mandato e pure ora che tornerà alla Casa Bianca, non ha mai avuto alcun dubbio e mai lo avrà su quale sia l'obiettivo del proprio mandato. Make America great again. Tornare a far splendere l’America, appunto. Tutto il resto va in cavalleria.
Per questo a votarlo non è solo il maschio-bianco-etero (e pertanto fascista) ma anche l'imprenditore, l'industriale, la classe media. Insomma, tutti quelli che credono ancora che la politica debba semplificare la vita dei cittadini, non complicarla.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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