Non conosce tregua la campagna anticorruzione voluta dal presidente cinese Xi Jinping. Infatti, sin dalla sua nomina a Segretario generale del Partito comunista nel novembre del 2012 e poi a leader dell’erede del Celeste Impero pochi mesi più tardi, Xi ha guidato l’espansione economica e militare del gigante asiatico non perdendo mai di vista la lotta ai funzionari corrotti. A tale fine sarebbero oltre 200 le strutture detentive costruite o ampliate per interrogare i sospetti di crimini contro lo Stato, individuati non solo tra i compagni di Partito ma anche in interi settori dell’amministrazione pubblica.
A dare conto degli sforzi intrapresi dal presidente della Cina è la Cnn. Per decenni, sostiene l’emittente americana, la Commissione centrale per l’ispezione della disciplina (Ccdi) ha gestito un sistema segreto per condurre gli interrogatori dei sospettati di corruzione e di altri illeciti in luoghi non idonei senza che venisse dato accesso ai consulenti legali o alle famiglie degli arrestati.
Nononstante le critiche riportate su abusi, torture e confessioni forzate, nel 2018 il leader di Pechino ha voluto lasciare la sua impronta sul sistema non abolendo la detenzione segreta e ponendola sotto il controllo della Commissione per la supervisione nazionale (Nsc). Il Ccdi non è stato abolito e continua a lavorare a stretto contatto con la nuova agenzia. Un avvocato che ha rappresentato funzionari cinesi coinvolti in casi di corruzione ha dichiarato ai reporter della Cnn di non aver notato scarsi miglioramenti nella tutela dei diritti dei detenuti sostenendo che “la maggior parte di loro soccombe alla pressione e all’agonia. Quelli che hanno resistito fino alla fine sono una piccola minoranza”.
In base al nuovo regime di detenzione, denominato liuzhi, i prigionieri, che sono costantemente vigilati in cella dalle guardie, possono essere trattenuti fino a sei mesi senza mai vedere un avvocato o un membro della sua famiglia. Le celle, le stanze degli interrogatori e persino l’infermeria hanno pareti e mobili imbottiti con i bordi arrotondati per motivi di sicurezza.
Tra il 2017, anno in cui è partito un progetto pilota poi confluito nel sistema del liuzhi, e il novembre 2024 almeno 218 centri sono stati costruiti, ristrutturati o ampliati. Le regioni con una presenza più alta di minoranze etniche, tra queste lo Xinjiang, sono quelle in cui sono collocate molte strutture detentive. Gli studiosi di diritto ritengono che il liuzhi introduca un “velo di legalità” in un sistema detentivo che opera al di fuori delle leggi, è privo di controllo esterno e rimane ad ogni modo soggetto ad abusi. “In passato era extra-legale", sostiene un esperto di diritto cinese aggiungendo che "adesso i critici (del liuzhi) lo definiscono ‘legalmente illegale’”.
La campagna anticorruzione, specie per le sue conseguenze sull’apparato militare, è tenuta d’occhio anche dagli Stati Uniti. Secondo un rapporto presentato di recente dal Pentagono al Congresso Usa, nell’ultimo anno e mezzo Pechino ha rimosso oltre una dozzina di alti funzionari dell’Esercito popolare di liberazione.
Un’iniziativa che rischia di ostacolare gli sforzi di Xi Jinping per modernizzare le forze armate del gigante asiatico entro il 2027. Il ministero degli Esteri del Paese del dragone ha condannato il documento Usa affermando che ignora i fatti ed è “pieno di pregiudizi”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.