"Via i soldati". Il piano del Pentagono per la Siria

Il ministero della Difesa Usa starebbe approntando piani per il disimpegno dalla Siria. Intanto al-Sharaa, leader de facto di Damasco, incontra sauditi e turchi e promette elezioni entro 4 o 5 anni

Mezzi militari Usa (Fonte: sito internet del CENTCOM)
Mezzi militari Usa (Fonte: sito internet del CENTCOM)
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Il dipartimento della Difesa di Washington sta elaborando piani per un ritiro completo delle truppe Usa dalla Siria. A rivelarlo nelle scorse ore all’emittente Nbc News sono due funzionari anonimi del Pentagono secondo i quali Donald Trump e elementi di spicco della sua amministrazione “hanno espresso interesse" nell’abbandonare il Paese mediorientale. Nello specifico piani per un ritiro totale in 30, 60 e 90 giorni sarebbero in questo momento in via di stesura.

Nessun commento è trapelato sin qui dal dipartimento guidato da Pete Hegseth, ex anchorman di Fox News. Che dietro le indiscrezioni ci sia sostanza lo dimostra però la reazione del presidente americano che, giovedì scorso, a domanda diretta dei giornalisti su un possibile disimpegno delle truppe statunitensi in Siria ha risposto che "prenderemo una decisione in merito” “La Siria è un pasticcio a sé stante", ha detto Trump aggiungendo inoltre che "hanno già abbastanza casini da quelle parti. Non hanno bisogno di un nostro coinvolgimento”.

Il Pentagono ha annunciato a dicembre che la presenza militare americana, concentrata nei territori nord-orientali della Siria, è nell’ordine delle 2mila unità, ben oltre dunque le 900 stimate sino a quel momento. Già nel 2019, al tempo del suo primo mandato, il tycoon aveva provato, senza successo, a far rientrare i soldati stanziati nel Paese retto col pugno di ferro, sino ad un paio di mesi fa, dal dittatore Bashar al-Assad. Lo scontro tra la Casa Bianca e l’allora responsabile della difesa, il segretario James Mattis, aveva portato alle dimissioni di quest’ultimo e ad un dietro-front del tycoon. Come però nel caso delle sortite di Trump sulla Groenlandia, nel secondo mandato The Donald potrebbe decidere di andare sino in fondo.

I soldati americani presenti in territorio siriano, oltre a contrastare la minaccia rappresentata da quel che resta dello Stato Islamico, forniscono supporto alle Forze democratiche siriane, una coalizione di milizie e ribelli a prevalenza curda che ha ingaggiato per anni un aspro scontro con il regime di Assad e che sorveglia le migliaia di terroristi dell’Isis (e le loro famiglie) confinati in immense prigioni a cielo aperto. Non stupisce dunque che in queste ore funzionari della difesa Usa esprimano preoccupazioni per un possibile ritiro americano dal Paese, tanto più che appena pochi giorni fa Washington ha lanciato un raid di precisione nel nord-ovest della Siria contro un elemento di spicco di un'organizzazione affiliata ad Al Qaeda.

Dall’alba dell’8 dicembre Damasco è amministrata dagli islamisti filoturchi di Hayat Tahrir al-Sham guidati da Ahmed al-Sharaa, il quale proprio in questi giorni si è recato in visita in Arabia Saudita e Turchia. Durante la sua tappa a Riad il leader de facto della Siria ha detto di aver constatato la "volontà reale dell'Arabia Saudita di sostenere" il suo Paese "nel costruire il suo futuro". Al centro dei colloqui con le autorità saudite: progetti nei settori dell'energia, della tecnologia, dell'istruzione e della salute, con l’obiettivo di arrivare alla firma di un partenariato “volto a preservare la pace e la stabilità in tutta la regione”. Ad Ankara al-Sharaa ha incontrato il presidente Recep Tayyip Erdogan e, stando a quanto riferito dal ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, si sarebbe impegnato a “rimandare indietro o eliminare tutti i membri del Pkk", il Partito dei lavoratori del Kurdistan ritenuto un’organizzazione terrorista da Ankara.

Al-Sharaa sta inoltre cercando di accreditarsi sempre più come guida democratica della Siria e in un’intervista all’Economist ha affermato che entro un mese Damasco avrà un nuovo Consiglio dei ministri, il quale sostituirà quello ad interim ed esprimerà una

partecipazione ampia e variegata da parte di tutti i segmenti della società". In un'altra intervista l'ex qaedista ha dichiarato però che saranno necessari "tra i 4 e i 5 anni" per organizzare le elezioni.

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