Taiwan nel mirino: i "giochi di guerra" per frenare la Cina

Gli Usa e il Giappone hanno simulato un attacco contro navi cinesi in caso d'invasione di Taiwan. Intanto, la Cina intensifica le esercitazioni militari e cresce il timore di un vero conflitto

 Taiwan nel mirino: i "giochi di guerra" per frenare la Cina
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Stati Uniti e Giappone hanno condotto delle esercitazioni congiunte per simulare attacchi contro le navi cinesi impegnate, secondo lo scenario (al momento solo fittizio) predisposto per il war game, in un’invasione di Taiwan. A riportare la notizia è stato il quotidiano giapponese The Sankei Shimbun, poi ripreso da Newsweek, secondo il quale Washington e Tokyo avrebbero condotto le prove militari, nome in codice “Keen edge”, nei primi giorni di febbraio dell’anno scorso.

L’esercitazione ha ipotizzato anche un blitz della Cina ai danni di una base americana a Sasebo, in territorio giapponese, e un’invasione di Yonaguni, l’isola del Giappone a poco più di 100 chilometri da Taipei. La simulazione avrebbe visto Tokyo accettare la richiesta di intervento avanzata dagli Stati Uniti ai danni della flotta navale cinese in transito nello Stretto di Taiwan. Nel corso dei test, tra i militari nipponici si sarebbero registrate delle differenze di vedute su quali obiettivi colpire per primi. Al termine della discussione, in maniera controintuitiva, sarebbe stato deciso di non considerare prioritari i raid contro le portaerei di Pechino.

Le rivelazioni sui giochi di guerra svolti da Giappone e Stati Uniti arrivano a pochi giorni dalle massicce esercitazioni tenute da Pechino in prossimità di quella che le autorità del gigante asiatico considerano la provincia ribelle. Il comando del teatro orientale cinese ha reso noto che in occasione delle manovre denominate “Tuono nello Stretto 2025A”, aerei e navi della Repubblica Popolare hanno preso di mira bersagli che simulano infrastrutture e porti di Taiwan e predisposto il blocco dell’isola.

L’allarme a Taipei è ai massimi livelli. Analisti ed ex addetti alla difesa hanno dichiarato al South China Morning Post, quotidiano edito a Hong Kong, che il governo taiwanese teme che le esercitazioni organizzate sempre più di frequente da Pechino possano trasformarsi all’improvviso in un attacco vero e proprio. Per Arthur Chi, esperto dell'Istituto di ricerca sulla difesa nazionale e la sicurezza di Taiwan, le manovre permettano ai militari cinesi di "testare la risposta delle controparti taiwanesi, prendendola come riferimento per la futura pianificazione del combattimento".

Dal dipartimento di Stato Usa hanno fatto sapere che gli Stati Uniti “restano impegnati con Taiwan e gli altri alleati di fronte all’intimidazione cinese e al suo comportamento destabilizzante”. Foggy Bottom ha inoltre sottolineato che “ancora una volta le attività aggressive e la retorica della Cina verso Taiwan mettono a rischio la sicurezza nella regione e la prosperità del mondo". Stando poi a quanto rivelato dal Washington Post, il segretario alla Difesa Pete Hegseth avrebbe firmato un memorandum diretto agli uffici del Pentagono in cui si ordina di dare la priorità al dissuadere i cinesi dall’invadere l’isola di Formosa.

Il memo di Hegseth, alla luce del trattamento riservato da Donald Trump all’alleato ucraino, ha destato parecchio stupore. Per gli addetti ai lavori il documento classificato del dipartimento della Difesa Usa rende Taiwan centrale per la strategia di difesa globale americana. Per altri analisti però, più che scoraggiare Pechino, la linea dura espressa dagli Usa potrebbe ottenere un risultato di segno opposto.

Intanto, nell’incertezza generale si segnalano nuove (azzardate) previsioni delle tempistiche per una possibile aggressione della Cina ai danni di Taipei che, stando a quanto riferito da imprecisate “fonti d’intelligence” al blog militare 19fortyfive, potrebbe essere autorizzata da Xi Jinping entro sei mesi.

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