Bomba migranti dalla Tunisia, la mossa di Meloni al G7 per fermare le partenze

Il premier è tornato a parlare di Tunisia durante il G7: vertice a tre sul dossier con il segretario del Fmi e il presidente della commissione Ue. Sul tavolo una spinta alla trattativa per sbloccare i fondi per Tunisi

Bomba migranti dalla Tunisia, la mossa di Meloni al G7 per fermare le partenze

L'Italia da mesi spinge per portare sotto i riflettori internazionali il dossier tunisino. Il governo di Roma si è fatto promotore di un incontro tra il commissario Ue, Paolo Gentiloni, e il presidente tunisino Kais Saied. Il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, si è recato in Tunisia e ha parlato della situazione nel Paese nordafricano con il segretario di Stato Usa, Antony Blinken. E anche il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi in sei mesi ha fatto due viaggi nel Paese per tenere vivo il dialogo. Il G7 quindi ha rappresentato un'occasione per Giorgia Meloni di portare la questione sul tavolo dei leader delle economie più industrializzate del pianeta. Il presidente del consiglio è stato in tal senso categorico. "Serve pragmatismo - ha detto - non rigidità".

Cosa sta succedendo in Tunisia

Per capire come mai Roma ha mostrato tanto interesse sulla Tunisia, occorre fare un passo indietro. L'economia del Paese da cui è partita la primavera araba nel 2011, non ha mai trovato un vero rilancio. I governi alternatisi nel corso degli anni non sono riusciti a risollevare Tunisi da un contesto economico e sociale molto grave. A partire dal 2019 il nuovo presidente Kais Saied ha chiuso la breve pagina tunisina della democrazia parlamentare, inaugurando una nuova fase di presidenzialismo. L'obiettivo è chiaro: di fronte all'incapacità dei partiti di trovare soluzioni adatte, meglio far gestire la situazione direttamente al capo dello Stato.

Ma anche Saied al momento sta faticando a trovare la giusta direzione. Il presidente aveva alcune riforme in cantiere, la crisi generata dal coronavirus ha però vanificato ogni sforzo. Oggi la Tunisia è costretta a fare i conti con un'elevata disoccupazione giovanile, con famiglie con sempre meno potere di acquisto e con una grave inflazione. Saied ha provato a mitigare la situazione con i sussidi per i beni di prima necessità, ma questo si è scontrato con l'aumento del debito pubblico. Oggi di soldi in cassa ce ne sono sempre di meno e Tunisi per sopravvivere ha bisogno delle somme promesse dell'Fmi.

Tuttavia il Fondo, per rendere esecutivo un piano da due miliardi di dollari approvato a ottobre, vuole precise garanzie: riforme da un lato e rassicurazioni sulla tenuta democratica del Paese dall'altro. Le ultime mosse di Saied non hanno tranquillizzato i vertici dell'Fmi. Sul primo fronte infatti, il presidente tunisino tentenna molto soprattutto sulle privatizzazioni e sullo stop ai sussidi. Sul secondo fronte invece, Saied si è reso protagonista di uscite contro i migranti sub sahariani presenti nel suo Paese che hanno ulteriormente indebolito la sua immagine all'estero.

La posizione dell'Italia e le parole di Meloni al G7

Roma però non è d'accordo con gli ulteriori stop dei piani dell'Fmi. Secondo il governo italiano, anche se da Tunisi non sono arrivate rassicurazioni sulle garanzie richieste, è pericoloso lasciare il Paese nordafricano al suo destino. In poche parole, meglio salvare il salvabile adesso piuttosto che tentennare e ritrovarsi in futuro con una situazione peggiore. L'Italia giudica molto rischioso infatti un eventuale fallimento della Tunisia. Più volte sia Giorgia Meloni che Antonio Tajani hanno ribadito la propria duplice preoccupazione: vedere il territorio tunisino scivolare nella morsa di un caos incontrollabile e assistere a un avvicinamento della Tunisia a Cina e Russia.

Questo spiega anche le ultime dichiarazioni di Giorgia Meloni al G7. "La Tunisia è in una situazione difficilissima - ha dichiarato il presidente del consiglio - una fragilità politica evidente e un rischio di default finanziario sono dietro l'angolo. Abbiamo una trattativa fra il FMI e la Tunisia di fatto bloccata".

Da qui la richiesta di una minore rigidità da parte sia dell'Fmi che dei capi di governo occidentali. "C'è una certa rigidità del FMI di fronte al fatto che non si sono ottenute dal Presidente Saied tutte le garanzie che sarebbero necessarie - ha infatti proseguito Meloni - È comprensibile da un lato, dall'altro siamo sicuri che questa rigidità sia la strada migliore? Se questo governo va a casa noi abbiamo presente quali possano essere le alternative? Credo che l'approccio debba essere pragmatico, perché altrimenti noi rischiamo di peggiorare situazioni che sono già compromesse".

E che l'Italia veda come prioritario un intervento sulla Tunisia, lo dimostra anche il fatto che a Hiroshima Giorgia Meloni ha parlato del dossier tunisino anche con il direttore dell'Fmi, Kristalina Georgieva. A margine dei lavori del G7, sia Meloni che Georgieva hanno dato vita a un mini vertice a tre dedicato a Tunisi, a cui ha partecipato il presidente della commissione europea, Ursula Von Der Leyen.

Perché per l'Italia è importante il dossier tunisino

L'interesse dell'Italia riguarda in primo luogo la posizione strategica della Tunisia. Cerniera tra Libia e Algeria, punta più estrema del Magreb proiettato verso l'Europa, da qui passano i gasdotti che trasferiscono il gas algerino verso la Sicilia e quindi verso la nostra rete nazionale. Se la Tunisia dovesse scivolare verso il caos, la sicurezza di queste infrastrutture vitali per l'Italia potrebbe risultare compromessa. Non solo: Roma punta a far comprendere ai partner occidentali che una Tunisia instabile sarebbe anche facile preda per i gruppi terroristici.

Infine c'è anche il dossier immigrazione.

Dal primo gennaio a oggi, l'incremento delle partenze dei barconi dalle coste tunisine è nell'ordine dell'800%. Una cifra che sta contribuendo a rendere problematica, soprattutto in vista dell'estate, la gestione del fenomeno migratorio in Italia e non solo.

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