Iniziata la guerra, Renzi tentenna

Hollande cambia la Costituzione, bombarda la Siria e chiama l'Europa. Ma il nostro governo si spacca

Iniziata la guerra, Renzi tentenna

L'Italia c'è, ma non si vede. Renzi tentenna, svicola, non risponde. Il presidente Hollande dichiara ufficialmente guerra all'Isis e chiede il sostegno militare di tutti i Paesi europei, ma il nostro governo temporeggia. Stiamo con Parigi? Calma. «Bisogna gestire la reazione con visione strategica». Matteo trova la sponda di Obama. Non c'è fretta. I francesi poverini possono anche partire in prima linea, magari in compagnia di Putin, che non ha alcuna intenzione di stare lì a contare i morti, quelli dimenticati sull'aereo fatto saltare in aria da un bomba islamica. Alla fine dei conti «siamo tutti francesi» (e non russi). Ma solo a parole, e quelle bare non sono italiane e americane.

La solidarietà dopo l'orrore costa poco: una Marsigliese, una bandiera blu-bianca-rossa sul volto e magari un «siamo tutti Parigi». Poi quando si tratta di fare sul serio, di mostrarci concreti, comincia il valzer dei «ma» e dei «vediamo». Se Hollande fa capire che ci sono accordi internazionali da rispettare, ricordando il patto Nato e gli accordi europei di Lisbona, la risposta del governo italiano è una mezza farsa. Il ministro della Difesa Pinotti sussurra che forse potremmo partecipare alle azioni in Siria, ma l'altro ministro, il buon Gentiloni, quello degli Esteri, frena e sconfessa: «Guerra? Quale guerra».

Meglio non parlare di guerra, proprio per lasciare una porta aperta alla furbizia. Il rischio di dover appoggiare concretamente la Francia infatti c'è. Se uno Stato Ue e Nato viene attaccato militarmente, con un'azione di guerra, tutti gli altri sono obbligati a intervenire. Ma se come sostiene Gentiloni non c'è guerra, allora niente doveri. Il risultato è che il governo non solo tentenna, ma è anche diviso. Ogni ministro parla per conto suo. Le opposizioni si dichiarano disponibili a collaborare, ma la maggioranza di governo sta ancora lì in sospensione, acquattata, indecisa, forse sommersa da una storia troppo grande.

La parola guerra per la sinistra è da sempre un tabù. Perfino davanti alle missioni internazionali di pace il governo Prodi fu costretto a sostenersi con i voti berlusconiani, altrimenti sarebbe caduto. Anche allora la sinistra faticò a rispettare i patti internazionali. Anzi, l'unica volta che la sinistra entrò in guerra, tra l'altro senza il voto del Parlamento, lo fece il governo D'Alema. E ovviamente bombardò i nemici dei musulmani.

Si capisce che in questo clima ogni appello all'unità nazionale diventa ridicolo. Abbiamo un ministro degli Interni, l'uomo a cui è affidata la nostra sicurezza, che invece dei terroristi combatte Salvini. Non potremmo essere in mani peggiori.

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