Chi frequentava, come aveva passato le ultime ore, quali erano i suoi gusti, quali i timori. I carabinieri del Comando provinciale di Pescara scavano nelle conoscenze di Alessandro Neri, il ventinovenne rampollo della famiglia dei Lamaletto, originaria di Giuliano Teatino, ucciso con un colpo di arma da fuoco al torace e ritrovato giovedì pomeriggio in un canale alla periferia sud di Pescara.
È buio completo sul movente del delitto, mentre sulla dinamica qualche spiraglio i luce arriva dall'autopsia, eseguita dal medico legale Cristian D'Ovidio. Sui risultati, però, gli investigatori, su disposizione del pm, mantengono il massimo riserbo. Si sa però che è durato parecchie ore e vi ha preso parte anche un ufficiale del Ris di Roma, esperto di balistica. Secondo alcune indiscrezioni l'autopsia ha permesso di acquisire «elementi molto utili» a risolvere il puzzle del delitto del ragazzo, che era uscito di casa con la sua vettura, ritrovata solo mercoledì in una strada nel centro della città molto distante dal luogo dove è stato recuperato il cadavere. Alessandro sarebbe stato anche picchiato e ora i carabinieri conoscono l'ora della morte e la distanza da dove è stato sparato l'unico colpo che lo ha ucciso.
Ieri per tre ore è stata ascoltata dai militari anche Laura Lamaletto, la mamma venezuelana del giovane, che dal momento della sua scomparsa non si è data pace. Per due giorni su Facebook ha lanciato appelli chiedendo ad amici e concittadini di aiutarla a ritrovare il suo terzo figlio e, quando si è dovuta arrendere davanti alla tragica notizia del decesso, ha avvertito il killer che non avrà pace fino a quando lui non verrà assicurato alla giustizia. «Non siate tristi, non piangete la morte di mio figlio! - ha scritto - Aiutatemi a trovare il suo assassino. A chi lo ha premuto il grilletto domando: hai una mamma?». Passato al setaccio anche il traffico telefonico di Alessandro, per capire quali sono stati i suoi contatti nelle ore precedenti al delitto. Il ragazzo giovedì era stato ritrovato seduto sulla riva di un torrente nella zona del fosso Vallelunga, seduto con le gambe immerse nell'acqua, il cappuccio di una felpa sulla testa e un proiettile nel torace. Probabilmente è stato ucciso altrove e poi portato lì. Aveva accanto il cellulare, usato fino a lunedì, poi spento. Proprio il telefono ha consentito agli investigatori di arrivare alla vittima.
Tra le ipotesi c'è quello di un delitto maturato nell'ambiente locale, scatenato da uno sgarbo o dall'invidia per le agiate condizioni economiche del ventinovenne.
Alessandro, infatti, con i due fratelli, lavorava nell'azienda vinicola «Il Feuduccio», in provincia di Chieti, fondata nel 1995 dal nonno materno Gaetano Lamaletto, tornato in Abruzzo dopo 40 anni in Venezuela, dove aveva costruito un impero producendo ceramiche per l'edilizia. Non è scluso che la sua fine possa essere legata a una vendetta partita dal Sudamerica, dove l'anziano imprenditore potrebbe aver lasciato qualche conto in sospeso.
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