Stefano Ceccanti, parlamentare del Partito Democratico e costituzionalista, spiega perché, qualora Giuseppe Conte ed il Movimento 5 Stelle dovessero non votare la fiducia a Mario Draghi, cambierebbero le sorti del cosiddetto campo largo. Ma il deputato pone anche una serie di problematiche di stretta urgenza che, stando al suo punto di vista, si presenterebbero in caso di ricorso alle urne anticipate.
Professore, lei ha posto un tema legato ai decreti d'emergenza, in una fase storica complessa, nel caso in cui l'Italia avesse solo un governo facente funzioni.
«Sì, soprattutto perché non c'è l'alternativa alla ricomposizione di una maggioranza attorno al presidente del Consiglio. In ogni caso, sia con Mario Draghi che gestisce sino alle elezioni sia con un altro esecutivo, avremmo una totale paralisi per cinque mesi».
Il tema che pone è parlamentare.
«Facciamo il caso dei decreti legge: si dice che il Parlamento, con le Camere sciolte, verrebbe comunque convocato per convertirli: è giusto. Ma con una situazione politica logorata, i vari gruppi presenterebbero emendamenti. Il governo non potrebbe porre la fiducia, in una situazione che prevede una maggioranza più spostata verso il centrosinistra alla Camera ed una più spostata verso il centrodestra al Senato. Non esisterebbero quindi reali garanzie di conversione dei decreti. Il tutto in un contesto di emergenza internazionale per cui noi siamo un Paese chiave, per la Nato e per la collocazione europea. Poi c'è il Pnrr...».
Cioè?
«Si dice che il Pnrr vada avanti con i decreti legislativi. Sì, ma il Consiglio dei ministri sarebbe in grado di produrli? Oppure dovrebbe tenere conto degli indirizzi di segno opposto che rimarrebbero insieme nell'esecutivo? Anche il Pnrr diventerebbe a rischio. Sono dati minimi di razionalità politica che dovrebbero indurre tutti a capire che si può discutere del come ma che non si può discutere sul fatto che ci si debba ricomporre attorno a Draghi. Il contrario sarebbe avventuristico. Potremmo invece parlare di quale programma portare avanti sino alla fine della legislatura».
La vostra spina però è il campo largo: la mossa di Conte non è incompatibile con l'alleanza?
«Esiste un'evidenza: le decisioni che si prendono nella parlamentarizzazione della crisi influiscono. La parlamentarizzazione della crisi serve proprio ad esporsi, facendo emergere il proprio orientamento. Chiaro che gli orientamenti che verranno fuori produrranno delle conseguenze. Però dobbiamo vedere».
Sì ma se il Movimento 5 Stelle non dovesse votare la fiducia al premier?
«Ovvio che il modo in cui ci presenteremo in campagna elettorale dipenderà da come vivremo - come forza politica - questi ultimi mesi di legislatura. Noi siamo stati i sostenitori più convinti del governo Draghi: dovremo presentarci agli elettori con una proposta di continuità, seppure dinamica, con il governo Draghi. Ma dobbiamo comunque attendere l'evoluzione del processo».
Se la sente di fare una
previsione?«Spesso la razionalità umana prevale su quella politica: ci sarà una ricomposizione attorno a Draghi. I dettagli sulle modalità e sui dettagli di questa ricomposizione mi sembrano abbastanza imprevedibili».
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