«La resistenza a Gaza è la stessa a Jenin o in questo campo a Nablus. Il nemico israeliano troverà pane per i suoi denti» tuonava una decina di giorni fa un miliziano vestito di nero con un fucile mitragliatore Ar-15 a tracolla, nuovo di zecca. Assieme a un altro giovane barbuto, con la stessa «uniforme» nera, li ho incontrati sulla strada principale di Balata, il campo polveriera di Nablus. La seconda città palestinese in Cisgiordania con 200mila abitanti, uno degli obiettivi dell'offensiva delle forze di Difesa israeliane in questo ore.
La Cisgiordania è una polveriera, che rischia di esplodere ben peggio che a Gaza. Circa tre milioni di persone vivono sul territorio dell'Autorità nazionale palestinese stabilito dagli accordi di Oslo, ma a chiazza di leopardo con 500mila coloni arroccati negli insediamenti e sempre più aggressivi dopo il 7 ottobre. Le strade principali sono controllate dall'esercito israeliano, della brigata Giudea-Samaria, comandata dal generale Avi Bluth, che si è formato nella scuola religiosa dell'insediamento di Eli. Oltre a posti di blocco, un muro di separazione, basi e postazioni, enormi cartelli scritti in rosso, all'ingresso delle zone palestinesi, ricordano agli israeliani «che entrate a vostro rischio e pericolo».
Dal 7 ottobre più di 600 palestinesi sono morti durante i raid e scontri in Cisgiordania. E a fine giugno gli arrestati erano 9450. Nablus è sempre stata una bomba a orologeria con i suo 4 campi di rifugiati oramai trasformati in fatiscenti quartieri. Quello di Balat è stato fondato dall'esodo del 1948 e viene pattugliato dai miliziani palestinesi in armi. Non solo i gruppi più estremisti, ma pure le brigate Al Aqsa, costola armata del partito Fatah, il partito del presidente palestinese Abu Mazen, sono in guerra. La loro sede a Balat, sulla strada principale del campo trasformata in mercato, è stata sventrata dal missile lanciato da un drone. I 35mila abitanti vivono in edifici vetusti divisi da viottoli dove a malapena passa un uomo con le mura tappezzate dai graffiti della Palestina libera. Un incubo per i reparti in borghese, vestiti da arabi, che si infiltrano, spesso a bordo di ambulanze, per preparare l'arrivo delle truppe.
Gli scontri, soprattutto notturni, in campi come quello di Jenin sono quasi quotidiani. La cittadina obiettivo principale assieme a Tulkarem dell'operazione di ieri si è guadagnata il nome di «piccola Gaza» per i continui combattimenti. Le strade sono in mano alle brigate Ezz al-Din al-Qassam di Hamas con il vessillo verde e alla Jijahd islamica con la bandiera nera. La polizia dell'Autorità palestinese, che risponde all'anziano leader Abu Mazen, rimane chiusa dentro un fortino per non intervenire durante gli scontri. Gli israeliani si aprono la strada con i bulldozer tirando giù tutto, ma i palestinesi piazzano trappole esplosive e colpiscono a sorpresa con i razzi anticarro Rpg.
La polveriera è alimentata, negli ultimi due anni, dal contrabbando di armi organizzato dagli iraniani via Giordania. I beduini di confine e le gang criminali sono stati assoldati per il traffico di fucili mitragliatori, munizioni, ma pure lanciarazzi.
L'operazione è condotta da due costole di intelligence dei Pasdaran della brigata al Qods, che prende il nome di Gerusalemme, la divisione 4000 e 18840. L'esplosivo di un kamikaze del fallito attentato a Tel Aviv del 19 agosto, che puntava a una sinagoga, è arrivato via Giordania e territori palestinesi.
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