Da una parte la crisi in Medio Oriente e il conflitto tra Russia e Ucraina, dall'altra l'Unione europea e il G7 che aumentano il pressing diplomatico per provare almeno a contenere gli incendi.
A Bruxelles, si riunisce infatti l'ultimo Consiglio europeo prima delle elezioni che l'8 e 9 giugno ridisegneranno i vertici delle istituzioni comunitarie. Inevitabilmente, dunque, un summit a giri ridotti, in attesa della Commissione che verrà. Ma con una lunga sessione - terminata ieri a tarda sera - dedicata proprio al dossier mediorientale e a quello ucraino. A Capri, invece, va in scena la ministeriale dei ministri degli Esteri del G7, quest'anno presieduto dall'Italia. Un vertice che si muove sulla falsariga della dichiarazione congiunta che ha seguito la riunione straordinaria dei leader che si è tenuta domenica scorsa in videoconferenza, all'indomani dell'attacco di Teheran contro Israele. La parola d'ordine, insomma, resta «de-escalation». Perché sullo sfondo rimane la grandissima preoccupazione per un'eventuale reazione eccessiva di Tel Aviv, che potrebbe avere conseguenze difficilmente prevedibili. Ma con un passo in più sul fronte delle sanzioni all'Iran, che da ipotesi concreta sta diventando scenario più che probabile dopo l'accelerazione di Washington. La Casa Bianca, infatti, spinge per adottare sanzioni verso chi è coinvolto nella fabbricazione e nella vendita di missili e droni. E nel mirino ci sono anche «le entità» che sostengono i Pasdaran. Proprio ieri, l'Unione europea e il G7 hanno fatto sponda con gli Stati Uniti. Al punto che la questione sarà oggetto delle conclusioni sia del Consiglio europeo a Bruxelles, sia del G7 dei ministri degli Esteri a Capri. L'ultima bozza che circolava ieri a Palazzo Berlaymont parlava infatti di «condanna ferma e inequivocabile dell'attacco iraniano a Israele», esortando «tutte le parti» a «esercitare la massima moderazione» e «astenersi da qualsiasi azione che possa aumentare le tensioni nella regione». L'Ue, si legge ancora nel documento che a tarda sera era ancora oggetto di alcuni ritocchi, «è pronta a adottare ulteriori misure restrittive nei confronti dell'Iran», in particolare «in relazione ai veicoli aerei senza pilota e ai missili».
Analoga la posizione del G7, perché - spiega il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che proprio ieri ha avuto un bilaterale con il segretario di Stato americano Antony Blinken - l'obiettivo è quello di «arrivare a sanzioni» nei confronti di Teheran. Che colpiscano tutti coloro che sono coinvolti nella catena di rifornimento di droni e missili, che peraltro è esattamente la stessa filiera che rifornisce Mosca.
L'intenzione, insomma, è dare un segnale di forte compattezza di tutto il blocco occidentale, dagli Stati Uniti ai leader del G7 passando per l'Unione europea. Una risposta che è anche politica e che prova a non perdere troppo di vista l'altro fronte caldo, quello del conflitto tra Russia e Ucraina. Sia da Capri che da Bruxelles, infatti, arrivano segnali che lasciano intendere che potrebbe esserci un'accelerazione sulla consegna dei sistemi di difesa all'Ucraina, proprio come chiesto più volte da Volodymyr Zelensky. «Il Consiglio europeo - si legge nell'ultima bozza delle conclusioni - sottolinea la necessità di fornire urgentemente una difesa aerea all'Ucraina e di accelerare e intensificare la fornitura di tutta l'assistenza militare necessaria, comprese le munizioni di artiglieria e i missili».
Stessa indicazione arriva dal G7 di Capri, dove - spiegano fonti della Farnesina - su impulso di Stati Uniti, Italia e Germania si sta «lavorando per velocizzare la consegna dei sistemi di difesa a Kiev». Questione che verrà affrontata nel dettaglio oggi, alla presenza del ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, e del segretario generale della Nato, Jens Stoltebnberg.
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