«Hanno ricominciato a sparare» è il messaggio arrivato ieri sera via whatsapp da Angelica, la pasionaria di origini italiane del kibbutz Sasa a 1200 metri dal Libano. Israele 1, Hezbollah 0, ma palla al centro, dopo l'attacco preventivo dei caccia con la stella di David ed i 320 razzi e droni lanciati dai giannizzeri libanesi degli ayatollah. La partita non è finita (purtroppo). L'alta Galilea continua ad essere sotto scacco da parte di Hezbollah, una minaccia che si è trasformata in guerra d'attrito dal 7 ottobre. Negli ultimi dieci mesi il partito armato sciita ha lanciato su Israele oltre 6700 razzi, missili anti carro e droni. L'Idf, le forze di difesa israeliane, hanno risposto con 4mila raid aerei o bombardamenti d'artiglieria, anche in profondità nella terra dei cedri. Prima dell'attacco preventivo di domenica all'alba, con 100 caccia bombardieri, che ha sventato la rappresaglia massiccia, forse con 6mila missili, ma Hezbollah ne ha 150mila. Fouad Shukr, il comandante militare eliminato a fine luglio dagli israeliani a Beirut, era fin dall'inizio un compagno di merende di Nasrallah. E adesso il suo faccione trasformato in santino compare nei video di propaganda e messaggi del leader, che ha annunciato, dopo l'attacco preventivo israeliano, la possibilità di altre rappresaglie.
Non solo: ad Hezbollah basta mantenere la pressione militare degli ultimi mesi per rendere invivibile la zona a ridosso del confine. Da ottobre 65mila israeliani sono stati evacuati da 43 comunità e tutto il nord, dopo Haifa, vive in una situazione insostenibile a lungo termine. Per questo le forze di Difesa israeliane hanno dei piani di attacco più massicci, ma gli stessi generali sanno che bisognerebbe far retrocedere le falangi di Nasrallah almeno oltre il fiume Litani. Uno dei compiti principali, mai attuato, dei caschi blu nel Sud del Libano, compresi 1300 italiani, bravi ma inutili.
Ed esiste anche un piano che prevede incursioni via terra per sloggiare Hezbollah, ma quando gli israeliani hanno lanciato l'operazione pace in Galilea invadendo il Libano nel 1982 non è finita bene con la stessa nascita del Partito di Dio. Come a Gaza non c'è nessuno, per ora, in grado di piantonare una zona cuscinetto, nel Libano meridionale, che garantisca la sicurezza di Israele.
Se la rappresaglia dal Libano è stata un buco nell'acqua bisogna ancora attendere le mosse degli Houti nello Yemen, soprannominato Hezbollah B, per forza e determinazione, che ieri hanno ripetuto i propositi di bellicosa vendetta. E soprattutto sarà inevitabile, prima o dopo, la rappresaglia iraniana all'eliminazione a Teheran di Ismail Haniyeh, uno dei leader storici di Hamas. Il neo ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araqchi, considerato un moderato, ha ribadito che sarà «definita, calcolata e accurata». Il regime degli ayatollah ha, però, capito che l'attacco preventivo israeliano contro Hezbollah era solo una scaramuccia di quello che potrebbe accadere se i Pasdaran cominciassero a preparare i missili. Al fianco dei bombardieri con la stella di David si alzerebbero in volo oltre 150 caccia delle due portaerei americane inviate nell'area.
E non mancherebbe un aiuto di altri alleati come gli inglesi. L'attacco preventivo a più ondate potrebbe mettere ko le fonti energetiche iraniane, fondamentali per mantenere in piedi il sistema e anche il programma nucleare, per ora civile.
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