La battaglia degli ostaggi

Il video di tre donne rapite: "Netanyahu liberaci e rilascia i detenuti di Hamas". Israele salva una soldatessa a Gaza. Morta la tedesca sequestrata al rave: è stata decapitata

La battaglia degli ostaggi
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Una soldatessa israeliana liberata dalla prigionia a Gaza e trasferita in buona salute a casa sua in Israele; tre donne ostaggio di Hamas che in un video girato dai loro carcerieri si rivolgono al premier Benyamin Netanyahu affinché faccia di tutto per liberare loro e le altre circa 235 persone tuttora prigioniere a Gaza, incluso il rilascio di migliaia di uomini di Hamas dalle carceri israeliane; i familiari degli ostaggi che manifestano a Tel Aviv contro Netanyahu e fanno pressione su di lui perché consideri la loro liberazione priorità assoluta. E tutto questo mentre si apprende della morte atroce della ventiduenne tedesco-israeliana Shani Louk, sgozzata e decapitata dai suoi rapitori, e mentre si è saputo che inviati del Mossad si sono recati nel Qatar (Paese del Golfo che ospita in un esilio dorato i vertici di Hamas) «dopo il 7 ottobre» per cercare di favorire il rilascio degli ostaggi.

La questione degli ostaggi, com'era prevedibile fin dal primo giorno di questo drammatico confronto, conferma la sua centralità, accresciuta dal fatto che molti dei prigionieri di Hamas nell'inferno della Striscia hanno anche nazionalità americana, di vari Paesi europei e perfino russa. Il tema è come Israele intenda affrontare il problema della loro liberazione. Si confrontano due linee inconciliabili: quella dei familiari degli ostaggi (fatta propria dall'opposizione di sinistra a Netanyahu) che spingono per qualche forma di compromesso, e quella del premier israeliano che punta su un implacabile uso della forza contro Hamas. La quale ha ben poche speranze di sopravvivere a uno scontro militare definitivo con Israele e cerca dunque di comprare tempo in ogni modo: gli ostaggi (non solo quelli israeliani, ma altrettanto i civili palestinesi di Gaza, donne, bambini e anziani, che sono stati «invitati» a morire per la causa dal capo di Hamas) sono lo strumento ideale.

Ieri sera Netanyahu anche lui sotto pressione perché consapevole che prima o poi sarà chiamato a pagare il prezzo della giornata nera del 7 ottobre è ricorso una volta di più a toni perentori nel complimentarsi con intelligence e forze armate che recentemente aveva criticato. «L'entusiasmante liberazione della soldatessa Ori Magidish dimostra il nostro impegno. Hamas non rilascerà gli ostaggi a meno che non sia messa sotto pressione e noi vogliamo liberarli tutti. Ai terroristi di Hamas-Isis dico: siete dei mostri, continueremo a darvi la caccia».

Il messaggio veicolato dal video delle tre civili israeliane diffuso dai loro carcerieri a Gaza (il secondo dopo quello delle due israelo-americane poi liberate la settimana scorsa), è stato invece bollato come irricevibile ricatto: «È una crudele propaganda psicologica», ha tagliato Netanyahu mentre i familiari delle tre donne chiedevano pubblicamente il sostegno dei leader occidentali, Joe Biden in testa, per farle rilasciare.

Netanyahu non è il solo capo delle istituzioni israeliane a definire mostri gli uomini di Hamas che altri leader internazionali (primo fra tutti il turco Recep Tayyip Erdogan in cerca di popolarità nel mondo islamico) chiamano liberatori della Palestina.

Ieri il presidente Isaac Herzog ha chiamato «bestie barbare e sadiche» coloro che hanno massacrato Shani Louk, rapita il 7 ottobre: «È stato trovato il suo cranio e ricordo che l'identificazione di altri 40 corpi è in sospeso perché sono stati bruciati e smembrati nel modo più orribile».

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