Nel mondo della Mezzaluna è nata una stella. L'eterna promessa del populismo italiano Alessandro Di Battista spopola da due giorni sui social arabi e musulmani con la sua ultima tirata anti-israeliana, perfetta metafora della surreale par condicio che diversi salotti televisivi prevedono fra le democrazie e chi le attacca.
Ex grillino irrisolto fra la sua estrazione di destra-destra e la sua collocazione a sinistra della sinistra, senz'altro sensibile al fascino di tutto ciò che non è democrazia (dal regime venezuelano a quello cinese) ospite fisso - non si sa a che titolo - a «Di Martedì» di Giovanni Floris, oggi Di Battista compare su «La 7» a difendere le «ragioni» dei nemici di Israele e la sua ultima performance è stata condivisa da centinaia di migliaia di utenti, con commenti entusiastici in lingua araba.
Bella presenza e toni retorici, ispirati a un'esibita indignazione da «pacifista», Di Battista sta sempre dalla parte opposta allo Stato ebraico, e così anche l'altra sera.
Un anno e mezzo fa era stato ripreso - con tanto di foto - da Al Jazeera, che aveva riportato compiaciuta un suo «ragionamento», formulato, sempre in tv, sull'Ucraina: «Allora - aveva detto - inviamo armi anche ai palestinesi...». Non sospettava minimamente che l'equazione giusta fosse semmai fra Kiev e lo Stato ebraico. E l'altra sera, come ogni settimana, ha ripetuto ineffabile il suo accorato ritornello. Ha sostenuto di aver «condannato immediatamente l'attentato di Hamas, e poi è partito con la filippica anti-occidentale su Gaza «lager» e «prigione a cielo aperto», e sull'eccidio impunito di innocenti. «Per quale motivo non avete speso una parola contro l'occupazione militare?», «non avete fegato» urlava. D'altra parte la sera del fantomatico «attacco» - mai esistito - contro il centro Al-Ahli era stato il primo a parlare di un «bombardamento israeliano». «L'esercito israeliano sta decimando la popolazione palestinese» disse, senza poi sentire il bisogno di scusarsi o rettificare.
Ma si inserisce, il rivoluzionario romano, in una pletora di improbabili «opinionisti» che si fanno passare per pacifisti e invece lisciano il pelo a un pubblico complottista semplicemente ostile all'Occidente, agli Usa, a Israele e all'Ue.
E un bel campione di questo mondo si riunirà nel fine settimana in un albergo romano, per una sedicente «Conferenza internazionale» di pace, che chiederà di mollare l'Ucraina al suo destino e di sciogliere la Nato, con l'adesione di personaggi politicamente imbarazzanti: fra centinaia di nomi si leggono quelli di Ali Fayyad di Hezbollah e del palestinese Mohammad Hannoun. Insieme alle loro, le adesioni di Carlo Rovelli, di Stefania Ascari dei 5 Stelle, del generale Fabio Mini e del «filosofo Diego Fusaro.
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