Roma kaputt mundi. Mai come adesso sembra che tutto stia crollando. È la fine di un mondo marcio. Non solo in mezzo, ovunque. È l'economia, è la società italiana che sembra non avere più un punto d'appoggio. La notizia che l'agenzia di rating Standard & Poor's ci ha di nuovo declassato è un terremoto. Il verdetto è BBB-. Siamo un Paese di serie C. Questo avviene mentre Renzi si congratula con se stesso perché lo spread è basso. Peccato che in mattinata il suo ministro dell'Economia Padoan lanciava il grido di allarme sulla deflazione. Il cuore dell'Italia ha un battito sempre più impercettibile. La triste verità è che nessuno investe più su questa terra, su questo popolo, su ciò che resta di ricchezza e creatività. C'è un'antica leggenda che dice che se cade Roma cade il mondo. Sta cadendo il nostro, di mondo. Cade riempiendosi la bocca di solidarietà. Cade perché nel nome del welfare ci siamo mangiati un Paese per arricchire i soliti furbi. Cade per l'ipocrisia culturale di chi in nome dei deboli ha costruito un impero di affari e potere. È arrivato il momento di buttare giù le maschere.
Una di questa è quella del Pd, il cui vero volto è Salvatore Buzzi. L'uomo da 60 milioni di euro, il signore degli immigrati, il santo predatore della coop 29 giugno, il Rosso amico del Nero, ha una capacità straordinaria: è amico di tutte le anime lacerate della Ditta. Tutti nel Pd si specchiano nell'anima equa e solidale di questo operatore del sociale. Peccato che la «bontà» di Buzzi sia a scopo di lucro e sui disperati, lui, secondo gli inquirienti, avrebbe costruito un impero economico di tangenti, appalti truccati e clientele. Il cavaliere rosso del mondo di mezzo è soprattutto un uomo di potere, influenza i destini politici e molti gli devono qualcosa. Se il jobs act, la legge di stabilità, la corsa al Quirinale dividono il Pd, Buzzi unisce.
Buzzi finanzia le cene di Renzi, finanzia la campagna elettorale di Marino e il nuovo sindaco, appena eletto, sceglie di devolvere il suo primo stipendio proprio a questa cooperativa di benefattori. Buzzi naturalmente con il suo fatturato è il fiore all'occhiello delle Coop e Poletti va a cena con lui con tanto di fotografia diffusa sui social network. Buzzi stipendia con cinquemila euro al mese l'ex capo della segreteria di Veltroni, quando Walter era al Campidoglio. Non lo paga per piacere, ma per i favori importanti che riceve. Luca Odevaine siede al tavolo per gli immigrati del Viminale, sotto gli occhi di Alfano, e da lì smista le «anime salve» nei vari centri di accoglienza.
E dove li manda? A casa Buzzi, naturalmente. Altrimenti che lo paga a fare? Ora il ministro degli Interni, Angelino, si scandalizza per il marcio di Roma, ma non si accorge che sotto Mare Nostrum c'è un business che, come certificano Buzzi e l'ultimo boss della Magliana Carminati, vale più dello spaccio di droga. Forse per questo i compagni del Pd sono in qualche modo tutti Buzzi boys. Perché Buzzi incarna, con l'abbinata solidarietà&affari, l'anima perduta della sinistra italiana. La grande bontà dentro è marcia. È una mela bacata. E in questa finzione ci cascano trasversalmente anche le ragazze della Ditta. La deputata bersaniana Micaela Campana, responsabile del welfare Pd, manda un dolce sms al re delle coop: «Bacio grande capo».
La prezzemolina tv Pina Picierno ha ricevuto in campagna elettorale finanziamenti dalla «29 giugno» e a caval donato non si guarda in bocca. E pure Simona Bonafé finisce in una foto con Buzzi, con il sorriso delle grandi occasioni.E adesso tutti a dire Buzzi chi? Però Buzzi è la loro coscienza.
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