"Matteo deve stare un po' tranquillo, deve stare un po' sereno perché sento che si può incrinare qualcosa di questo progetto". Anche se non lancia l'hashtag e non scrive su Twitter, l'avviso di Pierluigi Bersani a Otto e Mezzo è da prendere in considerazione. Soprattutto visti i precedenti. L'ex segretario democratico punta il dito contro il premier, ma allo stesso tempo gioca il ruolo del padre consigliere. "Mi sto preoccupando, sento che si può incrinare il progetto, se non si sta attenti. Si sta mettendo nei guai. A noi tocca tirarlo fuori dai guai, questo presidente", dice Bersani. Che poi ostenta fedeltà alla ditta: "Renzi su di me può stare tranquillo davvero".
Epperò le critiche sull'esecutivo, sulla gestione personalistica del partito e sul rapporto con i sindacati, Bersani non esita a farle. Anzi. "Susanna Camusso ha pieno diritto a chiedere una trattativa con il governo. Tanta gente pensa ancora che, con tutti i difetti che può avere, il sindacato non è un ferro vecchio, in una società democratica. Senza pensare che si voglia rompere santa Madre Chiesa, si deve poter discutere, anche se il papa è Renzi", tuona l'ex segretario democratico. Che poi aggiunge: "Il Pd è casa mia, non posso proprio pensare a una scissione. Anzi, mi sembra singolare che ci sia un segretario che fa un appuntamento bello come la Leopolda ma senza un simbolo del Pd e nessuno gli chiede: "Vuoi uscire dal Pd?" Lo chiedono a me che non ho mai fatto un’iniziativa senza il simbolo del Pd. Io ci sto ottimamente nel Pd, non ho niente da chiedere. Dico la mia e sono pronto domani mattina a dare una mano seria perché i temi che ho sollevato trovino una soluzione. Punto".
In merito all'operato del governo, Bersani ha una idea chiara: "Io penso che il lavoro del presidente del Consiglio possa essere migliorato. Io vedo purtroppo, l’ho detto dal primo giorno, che questo governo in cui lui ha una energia micidiale, una forza comunicativa grandissima, ma non si può dire che ci sia un eccesso di umiltà. Tutti facciano la propria parte, lo dico anche a Renzi e a quelli che applaudono Renzi. Bisogna misurare le parole, non si può accendere una miccia al giorno. La situazione è seria. Sono stati commessi errori seri da parte del governo e il sindacato non può essere considerato un ferro vecchio. Bisogna rispettare il sindacato perché in fila ai patronati ci sta la povera gente che va lì perché non può pagare i commercialisti. Che facciamo? Li costringiamo a pagare i commercialisti? Il popolo che è andato in piazza con la Cgil non è tutto il nostro popolo, perché un partito deve fare la sintesi, ma basicamente il popolo della piazza Cgil è parte del nostro popolo".
L'ex segretario ne ha pure sul Jobs Act: "Alla fiducia non voglio nemmeno pensare. Su cosa mettono la fiducia. Sul Jobs Act così come è uscito dal Senato? Stiamo parlando di una cosa che ha un certo peso, stiamo parlando della condizione di milioni di persone. Non esiste nessuno che vuol mettere in discussione questo governo, a cominciare da me. Si chiede di potere applicare quello che si è deciso nella discussione nel partito anche in Parlamento. Renzi dice articolo 18, non c’erano nemmeno gli Iphone quando c’era l’articolo 18. Ma rispondo, quando si è fatto il suffragio universale non c’era nemmeno la nutella. E quando si è detto che i bambini non potevano andare in miniera non c’era nemmeno l’energia elettrica. Pensate quanto è vecchia quella legge...".
Bersani poi boccia la nascita 538em;">di un nuovo soggetto politico di sinistra radicale guidato da Landini: "In questo momento non penso che la sinistra radicale sia un contenitore giusto. Io sono per una sinistra moderna e riformista, ho sempre dato una venatura liberale, questa deve essere la chiave giusta".
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