Si riparte alle 9.30 di stamattina, 34° giorno di guerra, e si andrà avanti fino a domani con i negoziati tra Ucraina e Federazione russa nel Palazzo di Dolmabahçe, ex residenza del Sultano e dei presidenti. Stavolta a Istanbul, dopo i precedenti colloqui in presenza ad Antalya, sempre in Turchia, e le trattative «ufficiali» proseguite nei giorni scorsi in videoconferenza. Delegazioni a confronto mentre nella riservatezza, invece, lavora come mediatore l'oligarca Roman Abramovich, ex patron del Chelsea, a costo della pelle visto che ieri il suo portavoce ha confermato un sospetto avvelenamento in seguito ai negoziati segreti cominciati a Kiev a inizio mese. La mossa - è il sospetto del Wall Street Journal, che ha dato la notizia - sarebbe stata ordinata da chi, a Mosca, intende sabotare le trattative. È il segno che si cammina su un terreno insidiosissimo, a rischio dell'incolumità per i protagonisti delle trattative.
Sul campo, i missili russi continuano a cadere sull'Ucraina ma non c'è avanzata delle truppe di terra inviate da Vladimir Putin, con Mosca di fronte a uno stallo militare imprevisto, sorpresa anche dalla controffensiva ucraina, ma ostinata ad annientare Mariupol per prendere la prima fetta di torta: una lingua di terra che dal Donbass arriva alla Crimea e strappa il controllo dei porti nel mar d'Azov. «Vogliamo dare una possibilità alla diplomazia, ecco perché abbiamo deciso di proseguire i colloqui a Istanbul», ha spiegato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, che con la sua presenza insieme al ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, la volta scorsa in Turchia ha garantito un salto di livello nel negoziato, ma nessun cessate-il-fuoco, semmai toni sempre più belligeranti. La Russia - spiega Lavrov - non intende accettare la «diplomazia della navetta» dell'Occidente, «che esclude del tutto» come intermediario. Per questo Mosca ha scelto Recep Tayyp Erdogan come ospite e garante dei colloqui e il presidente turco ha parlato al telefono già domenica sera con Putin e con il leader ucraino Volodymyr Zelensky.
«Speriamo che gli incontri portino a un cessate il fuoco duraturo e alla pace», è l'auspicio del ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. Ma le parole di Joe Biden in Polonia non hanno aiutato affatto a distendere il clima generale, dopo che da Varsavia il presidente americano ha dato a Putin del «macellaio» e spiegato che «non può restare al potere», salvo poi dover fare dietrofront per la gaffe tramite i funzionari della Casa Bianca. «Serve una de-escalation militare e della retorica», ha commentato il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres.
È in questo contesto che Zelensky ha messo sul tavolo le sue concessioni. «Le garanzie di sicurezza e la neutralità, lo status non nucleare del nostro Stato. Noi siamo pronti a partire da qui, questo è il punto più importante», ha spiegato nell'intervista ai media russi. Il presidente ucraino si è detto anche disposto a un compromesso sul Donbass, sempre che «i russi lascino i territori occupati»: «Tornino dove tutto è iniziato». Quanto alla «smilitarizzazione» e «de-nazificazione» chiesta da Mosca: «Non ne discutiamo affatto. Non ci sediamo nemmeno al tavolo se se ne parla».
Che i negoziati siano «molto difficili» lo confermano ancora le parole di Lavrov, secondo cui un incontro Putin-Zelensky «controproducente» adesso. Sarà necessario - ha spiegato - appena ci sarà chiarezza su quali sono i temi chiave per la Russia. E pare che non sia ancora il momento. Il Times racconta che ad Abramovich, impegnato a Mosca mercoledì scorso per consegnare a Putin una nota a mano di Zelensky per un accordo di pace, il leader russo ha risposto: «Digli che li annienterò». Ma qualche spiraglio potrebbe esserci. Ai colloqui la Russia forse non chiederà più la «denazificazione» dell'Ucraina, né la sua «demilitarizzazione».
Lo scrive il Financial Times citando una bozza di accordo nella quale si legge che Mosca sarebbe pronta a consentire all'Ucraina di far parte dell'Unione europea (Ue) in cambio di garanzie sulla sicurezza e se rinuncia ad aderire alla Nato.
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