Blinken a Tel Aviv. "Non siete soli". Cinque tappe Usa contro l'escalation

Il segretario di Stato americano incontra Netanyahu: "Depravazione di Hamas". Oggi il faccia a faccia con Abu Mazen. Missione a Riad, Cairo, Abu Dhabi, Doha e Amman. Washington e Londra muovono le portaerei

Blinken a Tel Aviv. "Non siete soli". Cinque tappe Usa contro l'escalation
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«Fino a quando esisteranno gli Stati Uniti, non dovrete difendervi da soli». Antony Blinken vola a Tel Aviv a rassicurare di persona Benjamin Netanyahu sull'impegno di Washington, oltre a ribadire il monito del presidente Joe Biden: «Nessuno agisca contro Israele». Durante la conferenza stampa congiunta con il premier dello stato ebraico, il titolare di Foggy Bottom spiega che gli Usa hanno «dispiegato portaerei nell'est del Mediterraneo» e daranno «altro supporto»: «Garantiremo a uomini, donne e bambini presi in ostaggio che possano essere liberati». «Siamo qui con voi, non andiamo da nessuna parte», continua il segretario di stato prima di scagliarsi contro Hamas, affermando che «non ha interesse del popolo palestinese, non rappresenta il suo futuro, il suo unico obiettivo è distruggere Israele e uccidere gli ebrei. Israele ha diritto di difendersi e garantire che tutto ciò non avvenga».

«Noi democrazie difendiamo gli stessi valori anche davanti al terrore - aggiunge Blinken - E il terrore di Hamas dev'essere sconfitto. Questo faranno gli Usa insieme con Israele per garantire un futuro più pacifico e prospero per il Medio Oriente». Secondo il capo della diplomazia Usa, «questo attacco di Hamas vale come dieci 11 settembre se si considera il numero della popolazione di Israele», poi precisa che «le foto di bambini e neonati massacrati, soldati decapitati, ragazzi bruciati vivi sono al di là di ogni immaginazione e mi hanno riportato alla memoria la violenza dell'Isis». Nell'ambito del suo viaggio in Medio Oriente, Blinken ha in programma di vedere oggi in Giordania re Abdullah II e anche il presidente dell'Anp Abu Mazen, poi si recherà a Doha per incontrare alti funzionari del Qatar, su cui gli Usa premono perché faccia da mediatore. Intanto, i due Paesi hanno raggiunto un accordo affinché dopo l'attacco di Hamas l'Iran non abbia accesso ai 6 miliardi di dollari sbloccati nell'ambito dell'intesa per il rilascio di cinque prigionieri americani. A confermare il faccia a faccia ad Amman con Abu Mazen, invece, è lo stesso leader palestinese, proprio in occasione di un colloquio con il re di Giordania. Al quale assicura che «rigettiamo le pratiche relative all'uccisione o agli abusi sui civili da entrambe le parti perché violano la morale, la religione e il diritto internazionale». Oltre a chiedere «la fornitura di aiuti medici e umanitari, acqua ed elettricità, oltre all'apertura di corridoi umanitari urgenti nella Striscia di Gaza».

Da Bruxelles, intanto, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg dopo la riunione dei ministri della Difesa all'Alleanza sottolinea che «Israele ha il diritto di difendersi e la protezione dei civili è essenziale. Nessuna nazione o organizzazione ostile allo Stato ebraico dovrebbe cercare di trarre vantaggio dalla situazione o di intensificare il conflitto». Parole che fanno riferimento all'Iran e a Hezbollah. Il leader di Teheran Ebrahim Raisi, da parte sua, ha discusso del conflitto con il principe ereditario dell'Arabia Saudita Mohammed bin Salman.

«Nella prima telefonata tra i due, i leader si sono dimostrati d'accordo sulla necessità di porre fine ai crimini di guerra contro la Palestina - fa sapere il vice capo del personale di Raisi per gli Affari Politici, Mohammad Jamshidi - È stata sottolineata l'unità islamica ed entrambi ritengono che i crimini del regime di Israele e il via libera dato dagli Usa porteranno insicurezza distruttiva per il regime e i suoi sostenitori». La telefonata rappresenta il primo colloquio diretto tra Raisi e bin Salman, dopo che Teheran e Riad in marzo hanno trovato un accordo per la normalizzazione delle relazioni, interrotte per sette anni.

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