«Un'ora dopo la tregua in Libano è iniziato l'attacco jihadista su Aleppo. La città è caduta senza combattere, come se ci fosse un accordo», racconta al telefono dalla Milano della Siria, un personaggio influente a patto di non pubblicare il suo nome. «Abbiamo paura, ma per ora i miliziani rassicurano e dicono che non ci faranno del male. Hanno messo in piedi un posto di blocco davanti alla principale chiesa della città - spiega chiuso in casa per il coprifuoco - Il presidente francese Macron e la vostra Giorgia Meloni devono intervenire su Erdogan per far rispettare le minoranze come i cristiani e gli yazidi».
Il gruppo fondamentalista, Hayat Tahrir al-Sham (Hts), che significa Comitato per la liberazione del Levante, è un'organizzazione terroristica secondo l'Onu. All'inizio della guerra civile in Siria si chiamava Al Nusra, costola di Al Qaida. Nel 2016, il suo leader, Abu Mohammed al-Jawlani, ha preso le distanze dalla rete fondata da Osama bin Laden, ma non sono mai state recise le radici jihadiste. «Si tratta della lunga manus dei turchi, che li hanno addestrati, armati e finanziati» sostiene la fonte del Giornale rimasta ad Aleppo. La loro roccaforte è la regione di Idlib, nel Nord-Ovest della Siria, zoccolo duro fuori dal controllo di Damasco, sul confine turco, da dove è partito l'attacco.
Tahrir al-Sham ha attirato anche reduci dello Stato islamico, a cominciare dagli uiguri cinesi, specializzati in attacchi kamikaze, come le autobombe lanciate contro i posti di blocco governativi all'ingresso di Aleppo. Al fianco dei fondamentalisti combatte pure l'Esercito libero siriano, nato grazie all'appoggio della Cia. Non solo: i ranghi ribelli sarebbero aiutati da una squadra speciale, Khimik, dell'intelligence militare ucraina, che da maggio ha fatto trapelare alcuni video di attacchi a basi e postazioni russe. Nell'attacco ad Aleppo sono stati utilizzati droni come quelli del fronte ucraino. Il contingente di Mosca sembra essere stato preso di sorpresa e in città circola voce che un fiume di soldi abbia favorito l'occupazione senza, di fatto, aspre battaglie.
Un altro fattore, che ha fatto scattare il blitz, sono i centinaia di raid israeliani su arsenali, basi e comandanti di Hezbollah e dei Pasdaran in Siria, dall'attacco stragista di Hamas del 7 ottobre, che hanno fortemente indebolito il supporto militare filo iraniano a Damasco. Dopo l'attacco via terra dell'esercito ebraico in Libano, il partito di Dio libanese, ha richiamato gran parte delle forze che aveva in Siria.
«Israele ci guadagna da questa situazione di debolezza di Damasco», conferma la fonte da Aleppo. I 425mila profughi scappati dal Libano verso la Siria sono finiti in gran parte nella sacca di Idlib, dove ci sono già 4 milioni persone. I turchi non vogliono una nuova ondata umana in fuga verso il loro paese, che in parte potrebbe proseguire in direzione dell'Europa. I russi hanno peggiorato la situazione riprendendo i bombardamenti sulla zona di Idlib e le forze jihadiste, con impensabili appoggi, hanno colpito per prime. Aleppo dove vivevano 30mila cristiani, rispetto ai 150mila prima della guerra, si sta svuotando con code di 10 chilometri di gente un fuga. I pastori della comunità come Hanna Jallouf, vescovo dei latini e francescano, l'arcivescovo maronita Joseph Tobji, le suore carmelitane e di madre Teresa di Calcutta hanno deciso di restare e pregare «nella città che vive come sospesa». I ribelli fondamentalisti stanno avanzando verso sud sull'autostrada M5 in direzione di Hama e poi c'è Homs e Damasco.
«Siamo con il fatto sospeso - spiega la fonte di Aleppo - Se avanzeranno significa che c'è un piano ben oltre la nostra città. Al contrario, se arrivano i rinforzi annunciati, rischiamo, come abbiamo già vissuto, un bagno di sangue».
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