Londra. «Tenete le luci accese per la Scozia perché torneremo presto». Costretta a lasciare l'Unione Europea contro la sua volontà, la Scozia non si rassegna e promette che farà di tutto per rientrarvi il prima possibile. La notte del 31 dicembre, quando nel Regno Unito si è concluso anche il periodo di transizione ed è ufficialmente iniziata l'era del post Brexit, il primo ministro Nicola Sturgeon ha twittato un messaggio di speranza e in forte contrasto con la linea del governo Johnson. Del resto, quanto affermato dalla Sturgeon riflette la volontà dei suoi elettori che nel 2016 votarono per rimanere in Europa con una maggioranza del 62 per cento.
Il messaggio era corredato dall'immagine delle due parole, Scozia e Europa, incrociate tra di loro, proiettata anche sull'edificio della Commissione Europea a Bruxelles. Ed è un'indicazione chiara anche per il governo inglese, che in un futuro molto prossimo dovrà attendersi l'ennesima richiesta di un referendum per l'indipendenza della Scozia, poiché solo in questo modo gli scozzesi possono sperare di rientrare in Europa dalla porta principale.
«L'indipendenza era l'unica alternativa» aveva già detto in passato il ministro per gli affari costituzionali scozzese Mike Russell, menzionando gli accordi separati raggiunti dall'Irlanda del Nord e Gibilterra che hanno consentito loro di evitare un confine duro con la Repubblica d'Irlanda e la Spagna.
E mentre la Scozia promette di dar filo da torcere al governo inglese, l'esecutivo mantiene alcune delle promesse fatte proprio grazie alla Brexit. Una di queste è l'eliminazione delle tasse sui prodotti sanitari femminili, più nota come «tampon tax». Per ottenere questo risultato i movimenti femministi si sono battuti per più di vent'anni senza successo, ma è bastato che il Regno Unito uscisse dall'Europa e il loro sogno è divenuto realtà.
Il ministro al Tesoro Rishi Sunak aveva promesso d'inserire il cambiamento già in marzo, quando aveva illustrato l'ultima manovra finanziaria, ma la tassa ha potuto venir eliminata soltanto ora che il Paese non è più soggetto alle leggi comunitarie. In base a quest'ultime infatti, gli Stati che fanno parte dell'Unione non possono ridurre l'imposta su questi prodotti al di sotto del 5% in quanto vengono considerati beni di lusso e non essenziali. L'Irlanda è l'unico Stato che si sottrae alla regola in quanto l'azzeramento della tassa era in essere prima che la legislazione Europea se ne occupasse.
D'ora in poi però, anche il Regno Unito potrà seguire questa strada e la decisione è stata accolta con entusiasmo dalle organizzazioni femminili. «Abbiamo lottato a lungo per arrivare a questo - ha dichiarato ieri Felicia Willow, presidente della Fawcett Society - ma alla fine quest'imposta sessista può venir consegnata alla Storia».
«I prodotti sanitari sono beni essenziali quindi non devono essere sottoposto ad alcuna tassazione - aveva confermato il ministro Sunak - abbiamo già cancellato le tasse sui prodotti sanitari utilizzati nelle scuole, nei college e negli ospedali e con questa decisione abbiamo fatto un ulteriore passo avanti per rendere questi beni disponibili e accessibili a tutte le donne». Per i fan della Brexit, una prima, piccola vittoria.
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