Finisce l'era Trudeau in Canada. L'affascinante Justin, figlio d'arte e premier da nove anni, ha ieri salutato e difficilmente avrà un futuro politico, anche se nella vita non si può mai sapere, e nelle stanze del potere meno ancora. Ma la sua popolarità è a livelli bassi come mai era avvenuto a Ottawa nella storia recente, il suo partito (il progressista Liberal Party) è totalmente sfuggito al suo controllo e l'imminente sbarco alla Casa Bianca di Donald Trump non farà che peggiorare le cose. Il tycoon, infatti, ama prendersi gioco di lui chiamandolo «governatore», a sottolineare l'indubbia dipendenza economica e geopolitica del Canada dagli Stati Uniti.
Trudeau ieri ha convocato una conferenza stampa e ha annunciato le sue dimissioni dalla leadership del partito. Resterà premier a tempo, fin quando il Partito Liberale non avrà scelto il suo successore. Che potrebbe essere una donna: tra i favoriti alla successione ci sono infatti l'attuale ministra degli Esteri Melanie July e l'ex vicepremier e ministra delle Finanze Chrystia Freeland. Che a suo modo ha contribuito al crollo di Trudeau quando a metà dicembre gli ha fatto mancare il suo appoggio criticando le sue scelte economiche e una risposta a suo dire troppo blanda alla minaccia di Trump di istituire dei dazi doganali che darebbero un duro colpo all'economica canadese, che esporta tre quarti della sua produzione al vicino meridionale.
Le dimissioni di Trudeau arrivano in un momento fatidico per il Canada, che ha appena inaugurato il suo anno di presidenza del G7 e che a ottobre vivrà le elezioni federali che potrebbero terremotare la politica canadese che al momento si profilano come una possibile Caporetto per il Liberal Party, chiunque lo guiderà. «Se devo combattere battaglie interne al partito non posso essere la migliore opzione per le prossime elezioni», ha detto ieri Trudeau facendosi da parte senza rinunciare a definirsi «un combattente. Ogni osso del mio corpo mi ha sempre detto di combattere perché tengo molto ai canadesi. Tengo molto a questo Paese e sarà sempre motivato da ciò che è nel suo migliore interesse».
La trasformazione di Trudeau da icona liberal, bello e carismatico, a reietto della scena politica canadese è in atto da diversi anni. Nel 2015 il figlio di Pierre, primo ministro per 17 anni dal 1968 al 1984, aveva vinto trionfalmente le elezioni federali conquistando la maggioranza assoluta dei seggi (184 seggi sui 338 totali) dopo quasi un decennio di governo conservatore, ma già al voto successivo, nel 2019, perse la maggioranza pur restando in sella. Nel 2021 elezioni anticipate e nuova vittoria dimezzata: 159 seggi, ben sotto il quorum di 170 e la necessità di un sostegno esterno da parte dei socialdemocratici del Nuovo Partito Democratico, venuto a mancare dopo tre anni di tormento nel settembre scorso . Attualmente il Partito Liberale viene dato all'incirca al 16 per cento dai sondaggi, il risultato più basso di sempre, perfino inferiore al 18,9 per cento conquistato (si fa per dire) nel 2011 dal disastroso Michael Ignatieff.
Naturalmente l'addio di Trudeau potrebbe far terminare l'emorragia di consensi, ma le elezioni dell'autunno sembrano comunque segnate. Per il momento Trudeau ha sospeso il Parlamento fino al 24 marzo per evitare che una mozione di sfiducia porti a elezioni anticipate, che darebbero molto meno tempo ai liberali per risalire la china.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.