La "cancel culture" dei giornali buonisti

La stazione centrale di Milano è piena di sbandati, d'accordo, ma siete mai stati sotto i portici dall'altra parte della piazza? È la terra di nessuno

La "cancel culture" dei giornali buonisti

La stazione centrale di Milano è piena di sbandati, d'accordo, ma siete mai stati sotto i portici dall'altra parte della piazza? È la terra di nessuno, dove si sommano, alle storie di disperazione, quelle della criminalità spicciola. Cosa può andare storto in una zona come questa? Beh, molto, forse tutto. Infatti due giorni fa un marocchino di 23 anni, irregolarmente in Italia, ha rapinato e ferito 6 persone di cui 2 in modo grave, prima di essere condotto in ospedale e infine a San Vittore. Lo stato di degrado della piazza e zone limitrofe stupisce solo se non si è mai transitati per quelle strade abbandonate dalla legge. Una zona nevralgica di Milano purtroppo pare sfuggita di mano alle istituzioni. La paura inizia in metropolitana e finisce sui treni regionali, dove, alla sera, i viaggiatori sono accolti da un inquietante messaggio: non restate da soli, andate insieme con gli altri nelle carrozze di testa. La metropoli arcobaleno e ambientalista, dove tutti vorrebbero abitare, anche se pochi possono permetterselo, la città all'avanguardia, sempre vivace e al centro dell'Europa, la Milano a misura di Beppe Sala, simbolo di tutti i radical chic. Ecco quella metropoli, quella città, quella Milano, non è in grado di garantire la sicurezza. Ha perso il controllo di alcuni quartieri. Ma c'è un altro aspetto sbalorditivo. Dopo il caso dei racconti di Road Dahl, ritoccati per non offendere nessuno, sembravamo tutti d'accordo, sinistra inclusa, che i penosi eufemismi del politicamente corretto fossero inutili. Sembravamo tutti d'accordo anche sul fatto che la cancel culture, cioè cancellare ciò che disturba le coscienze «corrette», sia una forma di censura e autocensura. Invece, no. Infatti, il lettore, o l'ascoltatore dei telegiornali, con somma difficoltà, ieri, avrebbe trovato traccia dell'identità del ragazzo marocchino, immigrato irregolare. Si scriveva e si parlava in generale di «sbandato» o di «balordo» o addirittura di «ombra» che scivola nella notte. Come pensiamo di combattere contro il fenomeno dell'immigrazione irregolare se abbiamo addirittura il timore di nominarla? Ieri è uscita sul rullo dell'agenzia un'altra notizia tremenda. La polizia è arrivata in zona Loreto, a Milano. Le forze dell'ordine hanno sfondato la porta di un bilocale: c'erano dentro, stipati come polli d'allevamento, trentatré irregolari per la maggior parte cingalesi.

Secondo le regole del politicamente corretto, avremmo dovuto dire: «trentatré sbandati» ma converrete che alla notizia mancherebbe una connotazione fondamentale. Il guaio è tutto qua: il politicamente corretto trucca la realtà ma nulla risolve, anzi, amplifica i problemi nascondendone la vera origine.

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