Carceri, un reparto speciale anti-rivolte

Nasce il "Gio", gruppo di pronto intervento. Delmastro: "Potenziamo la sicurezza"

Carceri, un reparto speciale anti-rivolte
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L'anno nero è stato il 2020: a marzo, in pieno Covid, le rivolte nelle carceri di oltre 7500 detenuti, provocarono evasioni di massa, agenti sequestrati, morti, feriti e danni per 30 milioni. Soprattutto, evidenziarono la clamorosa impreparazione della polizia penitenziaria.

«Adesso arriva la risposta - spiega Andrea Delmastro Delle Vedove (nella foto)-, dopo uno sforzo titanico, ed è il Gruppo di intervento operativo (Gio), altamente specializzato, addestrato ed equipaggiato, in grado di intervenire entro un'ora dalla richiesta nelle carceri, per affrontare situazioni di crisi». Il sottosegretario alla Giustizia con delega alla polizia penitenziaria dice che questa task force si formerà già a luglio, e sarà articolata in un gruppo nazionale e gruppi nelle regioni, detti Gir. Inizialmente, saranno 200 elementi, a pieno organico 270, 24 per ogni gruppo nei provveditorati, che accorpano anche varie regioni.

In una conferenza stampa in via Arenula, apertasi con le congratulazioni del Guardasigilli Carlo Nordio, Delmastro sottolinea che questo è il punto d'arrivo di un percorso, di cui è «orgoglioso», per rafforzare la polizia penitenziaria e la sicurezza nei nostri istituti. In un anno e mezzo c'è stata l'assunzione di oltre 7mila allievi agenti, l'acquisto di scudi e caschi antisommossa, giubbotti antiproiettile e body-cam per garantire il rispetto delle regole, l'istituzione del corpo medico di polizia penitenziaria e un nuovo modello di unità cinofile per intercettare stupefacenti, cellulari o altro. Pugno di ferro, garanzia di ordine e sicurezza nelle prigioni, ma Delmastro non ci sta a passare per quello che alla violenza risponde solo con durezza ed armi. «Figura centrale sarà il negoziatore - spiega il sottosegretario-, solo se ogni suo tentativo fallisce sarà usata la forza, ma sempre al minor livello possibile. Il modello è l'Eris francese e da quando 20 anni fa è stato istituito in Francia le criticità negli istituti sono diminuite del 90 per cento. Solo una volta è stato necessario usare la forza». Il governo, dunque, conta molto sull'effetto deterrente dato dalla preparazione degli agenti del Gio. Delmastro sottolinea che tutto questo è anche a protezione del detenuto pacifico che diventa vittima dei violenti. Parte del personale c'è già, spiega il capo del Dap Giovanni Russo, e saranno selezionati i migliori, altri verranno assunti con un concorso a luglio e poi la formazione e l'addestramento saranno permanenti. «Conoscere le regole d'ingaggio - dice - servirà anche ai detenuti per conoscere i rischi. L'arma principale di questo reparto non sarà la forza ma prevenzione e dissuasione».

Il Vice capo del Dap, Lina Di Domenico spiega che la prima valutazione del problema sarà del direttore del carcere ma, se chiamerà in aiuto il Gio, il comando si trasferirà a Roma. In quel caso, sarà Linda De Maio, al vertice del nuovo gruppo, che deciderà se far intervenire rinforzi dalla capitale.

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