Caro Papa, senza banche il popolo muore

Papa Francesco se la prende col capitalismo che certo è pieno di difetti. Ma non è demonizzandolo che si esce dalla crisi

Caro Papa, senza banche il popolo muore

Non si vive di sole banche, ma senza banche si sta male. È vero, i popoli hanno già pagato per gli errori delle banche, per le scommesse sui mutui spazzatura, per le promesse di Faust sulla finanza, perché pensavano di essere troppo grandi per fallire, per questa crisi che sembra non finire mai. Magari Papa Francesco ha in testa la Grecia e ricorda la sua Argentina. Vede la stessa fame, sente i cartoneros arrangiarsi tra i rifiuti in una sorta di raccolta differenziata per la sopravvivenza, annusa la paura, la speranza che si eclissa, la caduta e giustamente si preoccupa. Solo che resta il problema. Non è demonizzando le banche che si esce dalla crisi. Senza si è ancora più poveri.

Le banche a pelle stanno sulle scatole a tutti. Pensi al mutuo da pagare, al conto in rosso, al bancomat che il 20 del mese ti dice che la tua disponibilità è finita, alla fatica di dimostrare che la tua impresa ha bisogno di fiducia, di qualcuno che ci crede. Non è facile amare un banchiere, al massimo te lo sposi per interesse. Ammettiamolo, però. Le banche sono dannatamente utili. Non si fa impresa senza prestiti e un paese dove nessuno rischia, sogna, investe, produce è un paese morto. Le banche scommettono sulla tua idea e si fanno pagare. Sono un'azienda, non una società di benefattori. Ma quei soldi servono per rendere reale il tuo progetto. Ti permettono di pagare chi lavora per te. Sono la miccia per il profitto e per il lavoro. Questo è in parole spicce il capitalismo. Tanti hanno cercato un modo migliore per creare ricchezza. Finora nessuno c'è riuscito. E soprattutto le alternative possibili hanno un costo, individuale, molto alto: la libertà. Se qualcuno vuole pagarlo vada pure, ma da un'altra parte.

Il capitalismo non è perfetto e deraglia quando in giro c'è troppa gente che non rispetta i patti. Ai moralisti può sembrare paradossale ma il capitalismo ha bisogno soprattutto di etica, perché si basa sulla fiducia. Non si fanno affari con chi ha una cattiva reputazione. Questo lo sapevano bene i primi mercanti medievali. Adesso va di moda sputare sul denaro. L'enciclica Laudato sì verrà lett a come una requisitoria contro il capitalismo. Il rischio c'è.

Questa storia però è antica. San Francesco era figlio di un mercante. E sono stati proprio i francescani tra i primi a chiedersi se prestare soldi con interesse sia peccato oppure no. È l'alba del capitalismo. Siamo alla metà del 1200 e frate Pietro di Giovanni Olivi scrive il Tractatus de emptione et venditione su questo argomento. Le sue tesi verranno riprese da San Bernardino da Siena e dall'arcivescovo domenicano Antonino. «Il denaro circolante può essere sterile, ma quello monetario non lo è, perché rappresenta una condizione necessaria per intraprendere affari». I frati mendicano e vivono da poveri per una scelta di vita, ma non puntano l'indice contro chi non la pensa come loro. I frati viaggiano lungo le strade e nelle città, oasi di libertà nell'Occidente feudale, e comprendono le ragioni del «mercato». Scommettono sulle start up . Non a caso il 13 aprile del 1462 frate Barnaba Manassei da Terni fonda a Perugia il primo Monte di Pietà. «Faceva prestiti a mercanti e artigiani ed escludeva prestiti per spese di lusso. Il tasso di interesse non superava il 6 per cento».

La vocazione imprenditoriale c'è anche nei benedettini. Ora et Labora . I monasteri pregano Dio ma sono anche al centro di «Silicon Valley» medievali. C'è una rivoluzione tecnologica in siderurgia, energia, idraulica. Fanno servizio di cassa valori per i mercanti in viaggio. Montecassino è un cloud, una nuvola fisica e non digitale, per conservare la memoria.

I classici dell'antichità sono arrivati fino a noi grazie al lavoro degli amanuensi. Credito, impresa, cultura e un buona dose di follia. Sono i quattro pilastri del capitalismo firmato Steve Jobs. Non sarà il paradiso, ma è sempre meglio dell'inferno.

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