Cento arresti a Beirut. C'è pure la talpa di Israele: è l'economo dei miliziani

Firas Mussa Diab avrebbe collaborato ai raid in cui sono morti 12 leader

Cento arresti a Beirut. C'è pure la talpa di Israele: è l'economo dei miliziani
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Cento arresti a Beirut e dintorni. È il primo anello al cui interno c'è il cerchio magico dei sospettati: una decina di persone. Fra di loro, a quanto risulta al Giornale, la grande talpa che i guerriglieri libanesi stavano cercando spasmodicamente: si tratterebbe di Firas Mussa Diab, classe 1973, l'economo di Hezbollah.

Il movimento guidato da Nasrallah ha subito una serie impressionante di colpi durissimi e ora corre ai ripari o almeno ci prova. E cerca di scardinare la rete degli infiltrati che hanno fatto il gioco del Mossad e del nemico israeliano. Prima l'esplosione di migliaia di cercapersone e il panico fra i dirigenti e i militanti del partito sciita, il missile che ha colpito con precisione chirurgica una riunione cui partecipavano in gran segreto una decina di comandanti di Hamas, fra cui Aqil, responsabile di una sfilza di massacri contro americani e israeliani. Si cerca di capire come si siano aperte queste paurose falle negli apparati militari libanesi. E sembra che Nasrallah abbia ordinato un report per capire anche le criticità dell'alleato iraniano. Pure a Teheran è accaduto l'imponderabile: quando il capo politico di Hamas Ismail Hanyeh giunto nella capitale iraniana gli è stato fornito un telefonino ritenuto sicuro. E con quello, fidandosi del regime di Teheran, Ha ieri ha chiamato il figlio; quella telefonata gli è stata fatale: qualcuno deve aver fornito il numero dell'utenza al Mossad, il Mossad ha intercettato la chiamata e poco dopo un missile ha polverizzato Hanyeh.

Chi ha condotto il doppio gioco? La stessa domanda che rimbalza a Beirut dove in gran segreto si susseguono arresti e perquisizioni. Ora i sospetti si sarebbero addensati sulla figura di Firas Mussa Diab, fratello di un alto dirigente del movimento. Al centro di tutto c'è la sventurato acquisto di 5 mila cercapersone, quelli poi imbottiti di esplosivo e saltati in aria la scorsa settimana, provocando morti e centinaia di feriti, con devastazioni agli occhi, alle mani e ai genitali. Che cosa è successo in questo caso?

La convinzione generale è che l'intelligence israeliana, imbeccata ancora una volta al momento opportuno, abbia sostituito i telefoni' con un carico equivalente e all'apparenza perfettamente identico a quello atteso, piazzando in ogni apparecchio una carica micidiale di esplosivo.

Secondo fonti del Giornale, Israele voleva colpire i capi delle tre brigate più importanti nella struttura della gerarchia militare di Hezbollah, ovvero le brigate Badr, Nasr e Aziz. Con loro, Gerusalemme voleva colpire anche l'ambasciatore iraniano in Libano, ritenuto dal Mossad assai vicino all'intelligence di Teheran. Certo, l'impressionante sequenza di scoppi ha avuto un effetto psicologico terribile sulle milizie armate libanesi, ma gli obiettivi erano selezionati e mirati, anche se si è colpito a tappeto: i comandanti Taleb Sami Abdullah, Mohammed Nehme Nasser e Wissam Hassan Tawil. Risultato, i tre e l'ambasciatore sono stati trasferiti in un ospedale di Teheran per curare le gravi ferite provocate dagli scoppi. «Un fatto è certo - spiega al Giornale Marco Mancini, ex capo del controspionaggio italiano, fresco autore del libro Le regole del gioco - il Mossad si è riscattato sul campo, dopo lo scacco terribile del 7 ottobre scorso, ha messo in campo una straordinaria capacità di penetrazione e ha condotto alcune operazioni da manuale. il Mossad ha coltivato fonti, come le chiamiamo noi, di alto livello, capaci di fornire informazioni strategiche sul nemico. È stata la vittoria dell'human intelligence con tecniche tradizionali che erano state forse frettolosamente accantonate».

È un po' un paradosso ma spiega la situazione che si è verificata in queste settimane: l'human intelligence vince nell'epoca dell'intelligenza artificiale.

E ora a Beirut cercano risposte, mentre Hezbollah si ristruttura: vengono bandite le comunicazioni elettroniche e si ritorna, almeno per ora, a tortuosi sistemi basati sul contatto personale per far circolare ordini e notizie.

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