Chiarezza e uniformità per ripartire davvero

Se c'è una lezione che avremmo dovuto imparare dagli ultimi due anni di emergenza a corrente alternata è quella di evitare disparità di trattamento nell'affrontare un virus che già di per sé ha colpito in maniera asimmetrica

Chiarezza e uniformità per ripartire davvero
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Se c'è una lezione che avremmo dovuto imparare dagli ultimi due anni di emergenza a corrente alternata, caratterizzati da continui stop and go e di regole cambiate in corsa per limitare la diffusione del Covid, è quella di evitare disparità di trattamento nell'affrontare un virus che già di per sé ha colpito in maniera asimmetrica. Non soltanto dal punto di vista sanitario, ma soprattutto rispetto alle conseguenze economiche e sociali della pandemia. Proprio adesso che l'Italia cerca la via del riscatto definitivo dalla paralisi e dimostra di voler riprendere il cammino della «normalità», qualsiasi cosa d'ora in poi questo voglia significare, sarebbe un grave errore strategico riproporre schemi negativi del passato.

Dopo aver mandato in soffitta il green pass, il governo ha scelto la linea della prudenza e confermato fino al 30 giugno l'uso delle mascherine e delle altre misure anti-contagio sui luoghi di lavoro del settore privato. Una proroga condivisa con i sindacati dei lavoratori e con le associazioni di industriali e imprenditori, ma il punto è un altro. Il protocollo arriva a soli tre giorni dall'entrata in vigore delle nuove norme che riguardano i dipendenti del pubblico impiego, laddove invece non è previsto l'obbligo di indossare la mascherina, ma è «fortemente raccomandata» per il personale a contatto con il pubblico, per chi è in fila a mensa o in altri spazi comuni, per chi condivide la stanza con personale fragile, negli ascensori e «nei casi in cui gli spazi non possano escludere affollamenti».

Una differenza di approccio e di regolamentazione che rischia di sfociare in un altro pasticcio. E offre l'ennesimo argomento a quanti, puntualmente, criticano la gestione dell'epidemia da parte di chi ci governa. Non è compito nostro individuare la soluzione più opportuna, ovvero se sia meglio gettare da un giorno all'altro nell'indifferenziata i dispositivi di protezione individuale o se il buonsenso suggerisca di mantenerli finché le ultime varianti abbiano esaurito la loro minaccia. Spetta agli scienziati fornire il quadro delle conoscenze sulla situazione attuale, mentre la politica ha il dovere di adottare i provvedimenti adeguati. Qualunque sia la decisione finale - mascherine sì, mascherine no -, che almeno valga per tutti senza generare figli e figliastri. Per ripartire davvero serve ciò che fino ad oggi spesso è mancato: semplificazione delle regole e chiarezza.

Dovremmo aver compreso che davanti al virus non esistono operai, autonomi, impiegati, statali, padroni... Ci sono gli italiani, senza distinzioni. Per una volta uniti nel desiderio di mettersi alle spalle un incubo durato fin troppo a lungo.

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