Forti malumori tra i Democratici, ora il partito rischia la scissione

Bindi chiede a Renzi di dare una risposta alla piazza. Per Orfini il rischio c'è, "ma non drammatizziamo". E Cuperlo: "La responsabilità sarebbe del premier"

Forti malumori tra i Democratici, ora il partito rischia la scissione

"Sa, a sinistra lo spazio è grande". E se più a sinistra del Partito Democratico "magari non prenderemo il 41%", comunque "non è possibile perdere quel patrimonio" rappresentato da chi è sceso in piazza con la Cgil.

Pippo Civati, esponente della minoranza interna al Partito Democratico, parla a Repubblica in un'intervista in cui ribadisce di considerare l'idea di lasciare i colleghi, con una spaccatura interna che sembra sempre più evidente.

Nei fatti, non ha ancora deciso se lasciare o meno, ma ammette che "nelle prossime settimane" farà la sua scelta. Vuole prima vedere se sia possibile discutere di Sblocca Italia, articolo 18 e legge di stabilità. E se la risposta sarà no, "insomma, non mi sono candidato al martirio".

Civati critica quanto emerso dall'ultima Leopolda, a Firenze, che se doveva essere l'incontro della maturità, per lui è stato invece quello "storicamente più a destra, disinvolto e aggressivo". E ai compagni della minoranza dem dice di decidersi, chiedendo "un atteggiamento volitivo. Non possiamo andare in piazza e poi dire 'stai sereno, la fiducia te la voto lo stesso'".

A Roma con la Cgil, sabato c'era anche Rosy Bindi, che ricorda al presidente del Consiglio, in un'intervista alla Stampa, che "da bordo campo a volte si vedono meglio errori, e ora deve confrontarsi sulle idee e rispondere alla piazza". "Io mi batterò - aggiunge - perché il partito non rinneghi le radici dell'Ulivo. Io voglio che al governo ci sia il Pd, non un post Pd".

"La scissione sarebbe una sconfitta del progetto nel quale abbiano creduto - dice Gianni Cuperlo al Corriere della Sera - e sta a tutti evitare di precipitare lì, ma è chiaro che Renzi ha una responsabilità enorme".

Getta acqua sul fuoco il presidente del Pd, Matteo Orfini, che, ancora alla Stampa, chiede di "non drammatizzare la divisione di sabato". È però convinto che "il semplice fatto che se ne parli così di frequente significa che il rischio scissione c'è".

Chi non pensa a lasciare, anche se rimane su una posizione critica è Stefano

Fassina. "Non voto la delega se viene sottoposta alla fiducia nella stessa formulazione uscita dal senato", ribadisce, ma "non esco dal Pd, penso di restare perché il mio obiettivo è quello di cambiare alcuni provvedimenti".

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