Hanno promesso di raggiungere l'obiettivo di emissioni nocive nette zero entro il 2050, ma molti ambientalisti sostengono che sarà troppo tardi. Le decisioni che attendono i leader «in questo decennio sono le più importanti nella storia umana», ha spiegato Sir David Attenborough, scienziato e divulgatore scientifico inglese, che ha aperto il dibattito sul cambiamento climatico tra i Grandi del pianeta in Cornovaglia. Anche per questo il clima è una delle «sfide globali comuni» su cui il G7 si impegna alla cooperazione con la Cina, mentre striglia Pechino su Hong Kong, diritti umani e Xinjiang.
Nel comunicato finale i 7 Grandi del mondo si impegnano a: «proteggere il nostro pianeta, sostenendo una rivoluzione verde che crei posti di lavoro, riduca le emissioni e cerchi di limitare l'aumento delle temperature globali a 1,5 gradi. Ci impegniamo a raggiungere lo zero netto entro il 2050, dimezzando le nostre emissioni collettive nei due decenni fino al 2030, aumentando i finanziamenti per il clima al 2025; e proteggere o conservare almeno il 30% della nostra terra e dei nostri oceani entro il 2030».
Ma i Grandi sanno bene che «per essere credibili le ambizioni devono essere sostenute da azioni tangibili in tutti i settori delle nostre economie e società». Ecco allora gli interventi. Nel settore dell'energia, si legge nella dichiarazione congiunta, «aumenteremo l'efficienza energetica, accelereremo lo sviluppo delle rinnovabili e altre fonti a zero emissioni, ridurremo il consumo di acqua, faremo leva sull'innovazione mantenendo la sicurezza energetica». Altro impegno è la decarbonizzazione, quale principale causa delle emissioni per cui serve «un'accelerazione sulla transizione» in linea con gli impegni presi. I leader del G7 si impegnano anche alla mobilità sostenibile, con l'obiettivo di «una mobilità decarbonizzata» introducendo veicoli a zero emissioni dagli autobus ai treni, dalle navi agli aerei.
Il cambiamento climatico è «una minaccia esistenziale» che l'umanità affronta», ha spiegato il presidente americano Joe Biden, marcando una delle più evidenti differenze con il precedessore Donald Trump. L'emergenza climatica e la Nato sono le due strade sulle quali il leader democratico ha marciato a passo completamente differente dall'ex presidente repubblicano. Il cambio di marcia dell'America è stato sottolineato anche dal presidente del Consiglio italiano: «Questo vertice ha marcato il ritorno degli Stati Uniti al tavolo del clima dopo la presidenza Trump», ha detto Mario Draghi. «È anche una questione di uguaglianza - ha spiegato il nostro capo del governo, sfoderando i numeri - Circa 60mila persone all'anno muoiono per il cambiamento climatico, secondo la Banca Mondiale 132 milioni di persone saranno gettate in povertà nei prossimi 10 anni. E nove dei 10 paesi più colpiti sono molto poveri o poveri». Quanto all'aria che si respirava al G7 e alle relazioni con Pechino, Draghi ha spiegato che le conclusioni sulla Cina «non sono state particolarmente dure, perché dobbiamo cooperare» con Pechino, «dobbiamo farlo in vista del G20, della lotta ai cambiamenti climatici, della ricostruzione del mondo dopo la pandemia». Eppure, proprio dal nostro leader arriva l'avvertimento su possibili nuovi dazi: «L'Italia ha speso moltissimo negli ultimi 10 anni per migliorare le emissioni, ma se non possiamo fidarci delle politiche interne degli altri Paesi si comincerà ad applicare una tassa che aggiusti la differenza dei costi di produzione. Questo è il primo passo verso il protezionismo».
«Non c'è un'alternativa - è l'avviso di Draghi, che ribadisce le parole dello scienziato inglese - Abbiamo dieci anni di tempo». Soddisfatta la cancelliera tedesca Angela Merkel per il «forte impegno» a tutela del clima espresso dal G7.
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