"Cognetti ci dà una lezione. Parlare di disagio fa bene"

Lo psichiatra Giancarlo Cerveri: "Esporsi può fare la differenza per affrontare la malattia mentale senza vergogna"

"Cognetti ci dà una lezione. Parlare di disagio fa bene"
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«Io Cognetti lo ringrazio. Non solo per averci fatto emozionare con quello che ha scritto ma perché raccontare un'esperienza così privata e personale, figlia anche della sua sensibilità di artista, è stato veramente importante. Quello che ha fatto può essere di aiuto a tante persone». Il dottor Giancarlo Cerveri, consigliere nazionale dell'associazione italiana di psichiatria non ha dubbi: testimonianze come quella di Paolo Cognetti, che ha raccontato a cuore aperto la sua esperienza con la depressione e la malattia psichiatria, possono fare la differenza in una società che vive il disturbo mentale ancora con una vergogna che troppo spesso si trasforma in un limite, umano e medico.

Dottore, l'esempio di un personaggio famoso può davvero fare la differenza?

«Sì, il senso di vergogna lo comprendo ma personaggi pubblici che hanno avuto successo credo abbiano un dovere verso la società. In questo caso una testimonianza del genere può avere un aspetto moltiplicativo, permettere a più persone di accettare la propria patologia, accedere più velocemente alle cure e consentire di investire di più nella ricerca per la salute mentale. Per questo ringrazio Cognetti».

Perché parlare di salute mentale è spesso motivo di vergogna?

«Esiste uno stigma colossale sulla patologia psichiatrica. Le persone che ne soffrivano in maniera grave venivano tenute nascoste, ci si vergognava nel raccontarlo agli altri, tant'è che avevamo inventato anche i manicomi dove poter tenere celato tutto quanto. Poi è arrivato un tizio che si chiama Basaglia, ha iniziato a raccontare che non ci si deve vergognare della patologia psichiatrica, che la patologia psichiatrica è qualcosa che è lecito nella nostra struttura sociale. Molti però ancora pensano sei matto, non meriti di far parte della società, resiste questo pregiudizio sbagliato».

Eppure la malattia psichiatrica, nelle sue diverse accezioni, è molto diffusa.

«Tanti ne soffrono e tanti si curano. Tra tutte le condizioni di patologia psichiatrica possiamo dire che ne soffre una persona su cinque. O almeno uno su cinque ne parla... E molti di quelli che ne soffrono contribuiscono in maniera importante alla vita della nostra società».

Cognetti ha parlato di morso della depressione. Ma può davvero arrivare così, da un momento all'altro?

«La malattia mentale è sempre esistita. In alcuni casi capita all'improvviso, in altri fa parte della storia della persona. Ma si può in qualche modo prevenire, migliorando gli stili di vita, ma soprattutto si può curare. La psichiatria può fare tanto».

Cognetti parla del tso subito come di un atto violento.

«È un trattamento spiacevole, anche drammatico, per il paziente ma anche per i medici. In certi momenti però si verifica la necessità di cura dell'individuo per proteggerlo, per poterlo aiutare a stare meglio, per evitare che si procuri un danno. Gli psichiatri sono preparati per questo».

Esiste il rischio delle cure fai da te? Una pillolina e passa tutto...

«Una cosa da evitare assolutamente. Assumere un antidepressivo senza confrontarsi con un medico rischia di facilitare l'esplosione di fasi maniacali oltre al pericolo di creare dei meccanismi di dipendenza. Ogni trattamento per la patologia psichiatrica deve essere sempre fatto sotto controllo medico».

Rivolgersi al medico senza timori o vergogna è quindi la chiave.

«Sta diventando di moda parlare del bisogno psicologico, magari quando si soffre o quando si è in difficoltà.

Della patologia psichiatrica è qualcosa di cui purtroppo invece si parla ancora molto poco. Non basta poter parlare con uno psicologo, serve fare di più. Per questo la testimonianza di persone come Cognetti può fare la differenza».

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