«La mia azienda stava per chiudere un contratto di enorme portata con un grande cliente russo, interessato a lanciare il mio prodotto come strumento a scopo clinico in un prossimo futuro». Un affare da milioni di euro, oltre 20mila pezzi al mese. Mastica amaro Stefano Sala, Ceo e fondatore di Zuccari, l'azienda italiana che distribuisce Pop, il primo dispositivo tecnico italiano brevettato e applicabile a tutte le mascherine che, attraverso una miscela balsamica, purifica l'aria respirata. Uno dei tanti business milionari finiti in cenere per colpa della guerra in Ucraina. «Da imprenditore, penso al prezzo che pagheranno i comuni cittadini e le aziende di tutte le nazioni coinvolte, sia direttamente che indirettamente. Ma da essere umano, penso prima di tutto alle condizioni di sopravvivenza dei civili coinvolti», dice Sala. Che però aggiunge: «Chi ha intrapreso scambi con la Russia ora si trova in una trincea paralizzante e non si tratta solo del danno economico, ma anche della prospettiva di relazioni sempre più fragili, se non impossibili, in futuro». Secondo Sala «mentre il malessere economico è una garanzia di instabilità, il benessere economico è uno degli strumenti più potenti di peacekeeping. Ecco perché confido nella cooperazione fra gli Stati per portare a una situazione che preservi gli esseri umani e il fermento commerciale che deriva dagli scambi positivi fra nazioni».
Lancia l'allarme anche Valentino Fenni, vicepresidente nazionale di Assocalzaturifici: «Alcune nostre aziende che lavorano esclusivamente per il mercato russo o ucraino hanno già interrotto la produzione, altre imprese stanno avendo difficoltà a ricevere i pagamenti della merce inviata perché dalla Russia non riescono a far partire i bonifici.
La situazione è davvero tanto difficile, abbiamo bisogno di ristori immediati», dice imprenditore marchigiano, che parla di anno zero per la nostra manifattura: «Subirà un autentico tracollo, considerando anche i prezzi fuori controllo dei carburanti e dell'energia».
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