Il giudizio sulla persona tocca a Dio, per chi ci crede. Il giudizio sull'uomo politico spetta invece agli storici che procedono lenti ma inesorabili. Nel frattempo, nulla ci vieta di leggere cosa scrivono i giornalisti, che procedono frettolosi ma indulgenti soprattutto quando devono commemorare un «intoccabile» come Giorgio Napolitano, due volte presidente della Repubblica, morto venerdì scorso a 98 anni. Sarà l'ansia di dover nascondere il passato del «migliorista» Napolitano, stalinista per decenni dopo una giovinezza a scrivere sulla rivista del Gruppo universitario fascista di Napoli. Sarà il desiderio di spiccare per originalità della tesi o di ottenere un titolo a effetto da sbattere in prima pagina. Sarà tutto questo ma ieri molti quotidiani si sono abbandonati alla elegia visionaria. Apprendiamo, dal Corriere della Sera, che Napolitano si definiva un comunista «atarassico». Proprio così: atarassico, imperturbabile. Come Democrito. Come Seneca. Del resto Curzio Malaparte regalò una copia della Pelle al giovane Napolitano. Nella dedica, Malaparte diceva che il giovane Giorgio non perdeva la calma «neppure dinanzi all'Apocalisse». Nessun dubbio, per il Corriere, che Malaparte si fosse sbagliato o fosse sarcastico. Napolitano era davvero così: atarassico. Eppure per l'intraprendenza (poco atarassica) nel gestire il potere fu soprannominato «Re Giorgio»...
Massì, tutto sommato ci può stare. Napolitano rimase imperturbabile, atarassico, davanti ai carri armati sovietici nelle strade di Budapest. Sostenne con imperturbabilità l'esilio di Solgenitsyn. Fu atarassico anche davanti alla censura della Biennale del dissenso. Imperturbabile, replicò all'Enrico Berlinguer della questione morale contrapponendogli Palmiro Togliatti, non a caso detto il Migliore, elogiato per la capacità di muoversi sul terreno «riformistico» senza perdersi in «vuote invettive». Era il 1981. Atarassico, da presidente della Repubblica, affondò il governo Berlusconi nel 2011.
Sotto tono, stranamente, la Stampa. Si limita a qualche titolo elogiativo: «Cautela, prudenza, disciplina, educazione, controllo ... dimostrò di non perdere la calma neppure dinnanzi all'Apocalisse». Avete già capito: Malaparte, l'imperturbabilità, l'atarassia.
Il capolavoro è confezionato da Repubblica. Grazie al quotidiano della sinistra, apprendiamo una notizia davvero scioccante: Napolitano era «un liberale tra le file del Pci». Siamo oltre al comunista atarassico, siamo al comunista liberale, un caso unico nella storia, un ossimoro, un carnivoro vegano. Di Napolitano si può dire tutto, che sia stato nei Guf e poi comunista, ma non che sia stato liberale. Il comunista liberale è una convergenza parallela, che regala un brivido caldo e crea attorno a sé il silenzio assordante di chi legge Repubblica, incredulo. Nella fiaba della vita di Napolitano, secondo Repubblica, tutto è smussato. Addirittura scopriamo che la «brutalità» dei comunisti era inconcepibile per il colto e raffinato Giorgio.
Ma quindi i soldati dell'Armata rossa, a Budapest, regalavano carezze, non sventagliate di mitragliatrice? O i carri armati sovietici sparavano pallottole gentili e non brutali? Altrimenti non si spiega il pieno appoggio di Napolitano, il liberale, l'atarassico, all'invasione. Definirlo comunista liberale è fare un torto a Napolitano, che era un comunista, se volete migliorista, e basta.
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