L' Italia alza la voce contro le Ong che non hanno firmato il codice. E lo fa con il sequestro della nave Iuventa della tedesca Jugend Rettet, ora accusata di favoreggiamento all'immigrazione clandestina illegale. Le organizzazioni non governative che avevano rifiutato l'accordo con il Viminale avevano anche fatto capire che si sarebbero appellate al diritto internazionale. Ma là dove si tenti di aggirare la legge, il nostro Paese è campione nel far desistere con l'uso della burocrazia o, se ve ne sono i presupposti, con quello della magistratura. In un primo momento, infatti, era giunta la notizia che la Guardia costiera italiana, nella notte tra martedì e mercoledì, aveva effettuato «normali controlli» a bordo dell'imbarcazione. Controlli, però, importanti, al largo di Lampedusa, che avevano indotto il tenente di vascello Paolo Monaco, della Capitaneria dell'isola, a salire a bordo del natante. La nave era poi stata scortata in porto con «un imponente dispiego di forze» e l'uso di diverse motovedette.
Qualcuno aveva subito pensato a una mossa del governo per usare il pugno duro con chi non si era allineato nella lotta all'immigrazione clandestina. Invece le cose stanno diversamente, visto che poco dopo sono stati gli agenti dello Sco (Servizio centrale operativo della polizia), a salire a bordo della Iuventa, su ordine dei pm di Trapani che, almeno dal 2016, avevano indagato l'Ong.
I tempi erano maturi e, non a caso, l'operazione arriva un giorno dopo l'incontro al Viminale. L'inchiesta tende a rilevare rapporti tra i membri dell'equipaggio della nave e i trafficanti di esseri umani. Il procuratore di Trapani, Ambrogio Cartosio, in una conferenza stampa tenuta nel pomeriggio di ieri ha chiarito: «Abbiamo documentato incontri in mare, ma siamo portati a escludere collegamenti tra Ong e libici. Escludo che qualcuno abbia agito per scopi di lucro, mentre sono presenti gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato del favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, commessi da quanti sono a bordo della nave Iuventa, utilizzata dalla Ong Jugend Rettet».
Nonostante per adesso non risultino nomi nel registro degli indagati, la nave è stata posta sotto sequestro in quanto, ha chiarito ancora il pm, «c'è il pericolo serio della reiterazione del reato. E poi ricorre il caso in cui la legislazione speciale prevede la confisca del mezzo che interviene in caso di condanna dei proprietari e questo ci impone di ricorrere al sequestro preventivo accettato dal gip». In tre occasioni il personale della Iuventa avrebbe trasgredito la legge: il 18 e 26 giugno e il 10 settembre. Per Cartosio, però, la condotta sarebbe «abituale», visto che «persone che lavorano all'interno della Iuventa avrebbero trasbordato, per due volte, sulla nave migranti scortati da trafficanti libici non in situazioni di pericolo». Decisive anche le intercettazioni a bordo: «Noi in ogni caso non diamo foto di persone che possono essere identificate. Non contribuiamo alle indagini, non c'è motivo».
La nave trasportava due siriani, trasferiti a bordo da una delle unità militari italiane impegnate nel Mediterraneo che sono stati accompagnati al centro di prima accoglienza di Lampedusa.
A disporre il sequestro è stato il gip di Trapani Emanuele Cersosimo su richiesta del pm Andrea Tarondo.
Adesso si attende che anche le indagini delle altre tre procure che stanno studiando i casi delle Ong impegnate nei soccorsi, tra cui quella di Catania, con il procuratore Carmelo Zuccaro, portino ad azioni concrete nei confronti di chi, da tempo, opera senza rispettare le regole e favorendo l'immigrazione clandestina verso le coste del Bel Paese.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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