Cambiare il Dpcm, come chiedono le categorie colpite dalle chiusure ma anche i governatori e una parte della stessa maggioranza? «Improbabile, sicuramente non nell'immediato» spiega un importante esponente di governo, di area Pd. «Abbiamo appena stanziato miliardi per i risarcimenti che sono tarati sull'impatto che le misure del Dpcm avranno sui loro incassi, quindi escludo si possano cambiare le misure. Ai ristoratori diamo fino al 200% in più appunto perché teniamo conto del fatto che gli incassi li fanno soprattutto la sera. E poi i numeri dei contagi di certo non diminuiranno nei prossimi giorni». Quindi per ora non c'è margine per allentare le decisioni prese sugli orari di chiusura dei locali, la misura che ha scatenato più proteste, anche violente.
Anche fonti governative M5s confermano che al momento «non si va verso un ammorbidimento» dell'ultimo decreto di Conte, che stamattina sarà alla Camera e domani anche al Senato per motivare le misure adottate. Quello che non si esclude, invece, è un intervento nel senso opposto, cioè un ulteriore giro di vite se la situazione sanitaria peggiorasse. Fino ad un «lockdown generalizzato», la soluzione più estrema che Conte evoca. I «lockdown territoriali», di singole città o regioni, invece sono già «una possibilità contemplata, il Dpcm li consente».
Il premier cerca di uscire dall'assedio mettendo in campo oltre 5 miliardi di aiuti da recapitare in tempi brevi (l'obiettivo è metà novembre). Ieri mattina, in videoconferenza, il premier ha ascoltato i rappresentanti delle varie categorie colpite, prima di chiudere il decreto Ristori. L'altro fronte di pressione è quello interno alla maggioranza, soprattutto i renziani. A loro Conte ribatte, infastidito, che il decreto «è nato da un lungo confronto tra tutte le forze di maggioranza, rappresentate dai rispettivi capi-delegazione», chiaro riferimento alla ministra Teresa Bellanova (Iv), presente alla riunione-fiume di sabato, quando si è deciso il pacchetto di provvedimenti. A Renzi, che ora prende le distanze dal Dpcm, Conte replica seccamente: «Le misure non sono in discussione. Piuttosto vanno spiegate a una popolazione in sofferenza, che legittimamente chiede di capire i motivi delle scelte del governo». Il pressing per allentare le limitazioni a ristoranti, bar, sport e cultura però resta forte. Il governatore dell'Emilia Romagna, il dem Stefano Bonaccini, si augura «qualche correzione» che «darebbe il senso di aver compreso che forse non tutto è stato fatto nel migliore dei modi». Il pressing dei renziani ha portato, ieri, alla convocazione di una riunione tra Conte e i capigruppo della maggioranza a Palazzo Chigi, convocazione salutata da Iv come «un buon segnale, ma non può essere né una passerella né una ratifica di decisioni immodificabili». Il premier gli risponde per le rime: «I distinguo del giorno dopo francamente mi sorprendono. Se vengono elaborate strategie diverse benissimo, ne parliamo, ma è facile fare da contrappunto. È più difficile offrire misure alternative che riportino la curva sotto controllo». Insomma «ci confronteremo, ma il Dpcm è quello» chiude Conte, «se ci saranno sensibilità diverse, le terremo presenti per i prossimi provvedimenti». Aggiungendo un'ulteriore stoccata ai renziani: «La sera del Dpcm proposte alternative non ce ne sono state». Gli risponde il renziano Ettore Rosato «Troppo facile ignorare le nostre idee e poi lamentarsi perché non siamo d'accordo».
Il Pd, il partito che più ha difeso la linea dura in Cdm, si schiera a difesa del premier e dal Nazareno fanno filtrare «soddisfazione» per il decreto Ristori che «va nella direzione che avevamo chiesto per la salvaguardia delle attività più esposte dalle nuove misure». Franceschini snocciola i contributi messi in campo per teatri e spettacolo, rispondendo così alle critiche degli alleati.
La maggioranza però è in grande sofferenza, tanto che il Pd apre ad un «comitato di salute pubblica» insieme all'opposizione. L'aria è pesante, il clima infuocato. I contributi a fondo perduto un tampone temporaneo. Sempre che arrivino in fretta.
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